Boxe - Asia e Oceania hanno dato i voti per Tokyo: Kazakistan, Uzbekistan e Giordania protagoniste

Pubblicato il 14 marzo 2020 alle 23:41:17
Categoria: Boxe
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Mentre si sta disputando la prova dell’Europa a Londra, Asia e Oceania, sul ring dell’Arena di Amman, la capitale giordana, posto nel complesso universitario, capace di 500 posti, hanno sparato i colpi migliori per guadagnarsi i pass validi per i Giochi di Tokyo, riservati al pugilato. Rassegna di alta qualità, con Kazakistan e Uzbekistan previsti protagonisti, la Giordania che da nazione ospitante voleva fare bella figura, mentre la Cina puntava sul settore femminile, centrando tre pass sui cinque a disposizione, ma ancor meglio ha fatto la piccola isola di Taiwan, impropriamente chiamata Taipei, che è la capitale, con oltre due milioni di abitanti, la costola indipendente dell’immenso territorio cinese, spuntando quattro ticket. A conferma di un crescente interesse dei giovani verso la boxe. Inizialmente la manifestazione era stata assegnata a Wuhan dal 3 al 14 febbraio, nella metropoli cinese dove è scoppiato il corona virus. Il forzato cambiamento di sede e di data, ha trovato l’adesione della Giordania, che ha ospitato la rassegna senza alcuna difficoltà. Il Kazakistan ha fatto il pieno tra gli uomini, centrando gli otto pass a disposizione, conquistando la vittoria finale con Nurdauletov (81), campione del mondo di Ekaterinburg (Russia) 2019, con l’esperto Levit (91), 32 anni, che va a Tokyo per lenire la delusione di Rio, dove una giuria indecente gli tolse l’oro per darlo al russo Tishchenko che non lo meritava. In finale, ha faticato parecchio, contro il neozelandese Nyika, talento da vendere ma anche poca esperienza. Della quale ha fatto tesoro il kazako, sul ring da 15 anni, due bronzi mondiali (2017-2019) e un quinto posto nel 2015. Nyika (24 anni) alcune presenze nelle WSB, ha sorpreso in positivo, battendo in semifinale il quotato uzbeko Tursunov, già deludente ai mondiali e troppo statico per superare il longilineo oceanico, mobile e preciso. Nei 63 kg. la finale tra l’uzbeko Abduraimov e il kazako Safiullin è stata tra le più spettacolari, scambi all’americana senza un attimo di sosta. Personalmente avevo visto la vittoria del secondo, più preciso, mentre tre giudici hanno premiato l’uzbeko. L’altro kazako amareggiato per la sconfitta in finale è il medio Amankul, battutosi alla pari col filippino Marcial, argento iridato, generoso, finito molto segnato, anche qui col 3-2. Gli altri premiati col pass, sono Zhussupov (69), superato in semifinale dall’indiano Kiushan col dubbio e nei +91 il mancino Kunkabayev, (28 anni) argento ai mondiali 2017 e 2019, in evidente regresso. Ad Amburgo 2017, aveva battuto l’uzbeko Jalolov nei quarti e impegnato parecchio l’azero Majidov, matrice russa, giunto al terzo oro iridato a 31 anni, passato pro lo scorso anno. A distanza di due anni, nel 2019 a Ekaterinburg (Russia), il gigantesco uzbeko (2.01 di altezza e allungo smisurato) si è preso la rivincita. Nel frattempo passa pro sotto i Duva, vincendo 6 match per KO. Approfittando della norma killer fatta approvare dal duo Wu e Kim, nel 2014, che hanno portato l’AIBA alla rovina dando accesso ai pro per partecipare ai Giochi. Sfruttando l’opportunità, dopo esserci guardato in giro e non avendo visto pericolosi avversari, ha capito che esisteva l’opportunità dell’oro olimpico. Ha sospeso i match nei pro, allenandosi negli USA. Prima ha vinto i mondiali 2019 e adesso la selezione per l’Asia. Un controsenso assoluto, perché la differenza sostanziale tra dilettanti e pro è abissale. Oltre che una scorrettezza, evidenziata proprio ad Amman. Jalolov dopo il probabile oro a cinque cerchi proseguirà nel percorso dei pro, dove ci sono cinture a go go. Mentre i dilettanti dovranno attendere un quadriennio per riprovare. Settimo ticket kazako a Temirzhanov (57) di 22 anni, fermato dall’uzbeko Mirzakhlilov, che vincerà il torneo, confermando l’oro iridato dello scorso anno, quando in finale battè il favorito cubano Alavarez. Infine, il mosca Bibossinov, bronzo ai mondiali, è dovuto ricorrere ai box off, dopo aver perduto nei quarti contro il cinese Hu, arrivato all’oro. Ha afferrato il ticket ai danni del filippino Paalam. L’Uzbekistan non è certo una novità - ai Giochi di Rio ha vinto tre ori, due argenti e due bronzi, battendo tutta la concorrenza – ad Amman ha completato il bottino, oltre ai nomi già citati, con Zoirov (52), il più titolato: oro di Rio e il mondiale 2019. Stavolta in semifinale la giuria gli ha preferito il thailandese Panmot, con un 3-2 opinabile, ripescato grazie al bronzo. Baturov (63) terzo ai mondiali, non è andato oltre ad Amman per merito del giordano Eashash, che salirà sul podio più alto, senza fatica, visto che l’altro finalista, l’indiano Vikas Kirshan si era ferito contro Zhussupov. Sei pass su otto, il settimo con la piccola Rakhimova (51), presente ai mondiali 2019 a Ulan Ute nella lontana Siberia, bloccata nei quarti dalla Huang, cinese di Taipei, ma promossa quale sesta classificata. Fallito l’obiettivo nei medi e nei mediomassimi, con Kakhramonov e Ruzmetov. Il primo già deludente ai mondiali, mentre il secondo aveva colto l’argento, dopo aver battuto il romeno Aradoaie e l’inglese Whittaker. Ad Amman si è fermato al primo turno. La Giordania è andata oltre le previsioni, aiutata da arbitri e giudici, i primi ignorando la loro boxe ai limiti del regolamento, i secondi largheggiando nei punteggi. Ormai, una brutta consuetudine che premia il fattore campo.

Difficilmente uno come Alwadi (57) 34 anni, sarebbe arrivato in finale fuori dalla Giordania. Mancino dotato di grande forza e resistenza, porta il 90% dei colpi in modo irregolare: sventole soprattutto. Che gli arbitri hanno ignorato. Per batterlo l’uzbeko Mirzakhlilov che, ripetiamo, è il campione del mondo, l’ha dovuto picchiare di brutto. Come già detto nei welter, Eashash, il migliore dei due fratelli, l’altro Iashaish (91) è giunto terzo, ha trovato la vittoria per wo, mentre il mediomassimo Alhindawi, rasato a zero, sulla soglia dei 29 anni, ha raccolto un bronzo insperato, battendo nei quarti il thailandese Yomkhot abbastanza nettamente. Disco rosso in semifinale di fronte all’uzbeko Nurdauletov, altro iridato in carica. Il Vietnam, grazie all’arbitro austriaco Josef Cser ha trovato il primo pass nel pugilato per andare ai Giochi. Dopo la vittoria netta contro l’australiano Charlie Senior, decisamente modesto, nei quarti Nguyễn Văn Dương (57) affronta il thailandese Chatchai Butdee che conosceva bene, avendolo affrontato nella finale del torneo del Sud Est dell’Asia, finendo sconfitto col pedaggio di un conteggio. Il bis è durato 45”, durante i quali l‘esimio Cser, rimandava a casa il thai, dopo averlo contato due volte, tra la sorpresa del pubblico e del malcapitato pugile, colpevole di essere andato al tappeto su colpi dubbi e scivolate reali. In semifinale Van Duong, impegna il locale Mohammad Al-Wadi, vincitore tra abbracci, spinte e gomitate. Le Filippine hanno difeso bene l’argento mondiale del medio Marcial, che unisce alla buona tecnica molto coraggio, mentre il secondo pass arriva dal settore femminile, nel quale contavano di centrare almeno tre pass. Hanno fallito la Petechio, che detiene il mondiale più modesto della storia. La filippina, dai tratti mascolini non porta un colpo interno, sventole e abbracci, boxe da osteria che per fortuna si è fermata ai quarti, contro una guerriera come la giapponese Irie, che agli schiaffoni della Petecio ha risposto con pugni veri. Il vero scandalo è che un giudice ha avuto il coraggio di vedere la Petecio vincitrice! Fuori anche la Pasuit (60), mentre la Magno (51), padre americano, ha ottenuto il pass, pur perdendo nei quarti dall’indiana Kom, il super personaggio della rassegna, cinque ori mondiali e un bronzo olimpico, argento nel 2001 a 18 anni, ai primi mondiali femminili della storia, tre figli, la sportiva più popolare dell’India, legata alla boxe da una passione infinita. L’India ha portato a casa il maggior numero di ticket, cinque al maschile, quattro con le donne, ma non ha vinto in nessuna categoria, pur portando il meglio di un bacino che ha ormai numeri pesanti. I cinque uomini sono l’argento mondiale Amit (52), il bronzo iridato Kaushik (63), sotto le attese, l’altro ambizioso Ashish Kumar (75) che dopo il passaggio nei pro ha fatto dietro front, pare in forma definitiva e adesso cercherà il colpo a cinque cerchi. Vikas Kirshan (69) ha pagato la durezza dello scontro in semifinale col kazako Khussupov, vinto ma al prezzo di un paio di ferite. Il quinto indiano promosso è il +91 Kumar Satish, fermato in semifinale dal gigante uzbeko Jalolov. Le quattro indiane sono la già citata Kom (51), Irie Sena (57) e Kaur Baatth giunte seconde, a vantaggio della Lin (Taipei) e della koreana Oh, cresciuta molto, bronzo per Borgohain (69) e Pooja (75). Tanto argento e bronzo, ma i tecnici dell’India, in particolare l’ex ct italiano Raffaele Bergamasco, che guida le donne, almeno un primo posto se lo sentivano in tasca. Due pass all’Iran, con Shanbakhsh (57) di 19 anni, molto promettente, che ha tenuto botta contro il kazako Temirzhanov e battuto nei box off Tso di Hong Kong e il medio Mousavi. Nei 63 kg. promosso il tajiko Usmonov, che dopo la sconfitta col locale Alkasbeh, nell’ultimo posto per Tokyo ha battuto l’iraniano Rezaei, tra la delusione del pubblico. La Thailandia è stata la più delusa, si è presentata con quattro uomini e cinque donne, sicura di non fallire. Invece torna in patria co un solo pass, ottenuto con la titolata Seesondee (28 anni) solo terza nei 60 kg. Ad Amman sono stati distribuiti 63 pass, 41 agli uomini e 22 alle donne. Da segnalare l’assenza della Korea del Nord, presente a Londra nel 2012, un argento nel 2004 ad Atene, un bronzo nel 2000 a Sydney e l’oro nel 1992 a Barcellona, oltre ad un bronzo. Un silenzio preoccupante, perché lo sport è il collante più tenace nei rapporti tra nazioni. Mancando quello, si spezza l’ultimo segnale di amicizia. Nel totale, compresi i cinque qualificati dell’Oceania, tre uomini e due donne, sono sedici le nazioni dei due continenti che saranno presenti a Tokyo. In attesa dell’ultimo esame di riparazione fissato a Parigi dal 13 al 24 maggio.

Giuliano Orlando