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Strandja con poco azzurro. Kazaki e uzbeki al maschile.

Pubblicato il 5 marzo 2025 alle 15:40
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Strandja con poco azzurro. Kazaki e uzbeki al maschile.

Cina, Bulgaria e Taipei al femminile.


di Giuliano Orlando

Ho seguito con molta attenzione lo Strandja di Sofia, lo storico torneo bulgaro giunto alla 76° edizione, forse il più anziano in Europa. La rassegna rappresentava per l’Italia il debutto ufficiale del nuovo responsabile azzurro, Giovanni De Carolis, in sostituzione di Emanuele Renzini, licenziato dopo la delusione ai Giochi di Parigi. Da Carolis, ha portato nella capitale bulgara cinque azzurri: Michele Baldassi (57), Gianluigi Malanga (67), Gabriele Guidi Rontani (71), Remo Salvati (75) e Cromwell Commey Alfred (80) tutti nei gruppi militari e quattro atlete: Elen Lucia Ayari (50), Rebecca Nicoli (60), Angela Carini (63) e Melissa Gemini (75). Presenti i tecnici Laura Tosti e Leo Bundu. Oltre all’arbitro Alexandra Harstea. Al via si sono presentate 20 nazioni con gli uomini (143) e 12 con le donne (79). Nel settore maschile Kazakistan (25), Bulgaria (19), Uzbekistan (17), Azerbajan (16) Irlanda (13) e Georgia (10) hanno portato il meglio o quasi. Come l’Inghilterra (8) e la Cina (6). I cinque azzurri, come le quattro donne, sono titolari nazionali in carica. Nel settore femminile, Kazakistan (23) e Turchia (19) si sono presentate con atlete giovani, lasciando a casa le più esperte, a conferma di lavorare su numeri impensabili per l’Italia. La Bulgaria ha messo sul ring alcune delle migliori, oltre alla Sevda Asenova, che lascia il ring a 41 anni, un curriculum iniziato 26 anni fa, nel 1999, due ori europei, due agenti e un bronzo. Boxe di una furbizia incredibile, antispettacolare ma sempre pagata dai giudici. Ha salutato tra le lacrime e la medaglia d’oro, vinta facilmente. A completare il bottino locale altre due vittorie con la titolata Chukanova (50), 25 anni, argento europeo 2024, e il nuovo talento Cam (54), mentre la Poptoleva (52), quasi 30 anni, argento (2022) e bronzo (2024) europei ha ceduto in finale alla francese Bennama, 24 anni, ma esperienza da vendere. Nei 63 la Mehmedova, ha confermato limiti tecnici. Il bottino bulgaro si è poi arricchito di altre due vittorie, con l’ottimo Sabri nei 48 kg. preferito al più esperto Sebahtin e del leggero Rosenov, 21 anni, argento europeo a Belgrado 2024, nell’arengo internazionale fin dalle giovanili, vincitore sul kazako Termirzhanov, per il classico capello. Taipei ha portato due maschi, usciti subito, mentre delle tre donne, due hanno centrato l’oro. Nei 57 la longilinea Wu, in finale ha superato la kazaka Zabynbekova, che ha caricato dal primo all’ultimo minuto, usando ogni mezzo, spalle e testa, rendendo il match una corrida, l’arbitro ha lasciato correre, anche se alla fine la Wu aveva stravinto. Il 4-0, lo si deve all’iraniano che ha firmato un 28-28 incredibile. Per inciso, i tre iraniani sono stati i peggiori in assoluto. Andando regolarmente fuori verdetto e arbitrando a capocchia. L’altra isolana vincente nei 70 kg. la Chen, bronzo a Parigi, 27 anni, l’opposto della connazionale. Forte come un maschio, boxe essenziale ma consistente, ha vinto i due incontri 5-0, senza mai correre rischi. La Turchia si era presentata con ben 19 atlete, vincendo un solo oro, con la Cam nei 54 kg. unica finalista, ottima atleta. Al contrario del Kosovo, che ha portato una sola atleta, la già titolata nelle jr e youth, Sadiku, nei leggeri, irrobustita e migliorata anche in fase offensiva. Giusta la vittoria sulla kazaka Volossenko, che in semifinale si era imposta sulla Nicoli. Un oro anche per le inglesi, con la Hickey a spese della nostra Carini, una vittoria facilitata dalla conduzione arbitrale e da giudici non sappiamo quanto in buona fede, se due, nel terzo round, dominato dall’azzurra l’hanno assegnato all’inglese. La Cina al femminile ha fatto tripletta su tre iscritte. Nei 75 kg. la Li Qian, bronzo a Rio 2016, argento ai Giochi di Tokyo, oro a quelli di Parigi, 34 anni, iridata 2018, bronzo 2023, ha battuto la kazaka Bayazitova, poi la nostra Gemini e in finale la greca Stavridou, molto forte atleticamente. Nei 70 la mancina Yang, 32 anni, argento ai Giochi, battuta in finale dall’algerina Khelif, (evito di entrare nel merito transgender), ha superato la kazaka Shaibekova e la turca Kabak senza faticare più di tanto. Negli 81 kg. la Cina ha presentato la giovane Burida, longilinea bene impostata, vincitrice della quotata turca Yuceer e in finale della kazaka, Zharaskyzhbek senza alcun rischio. Il Kazakistan, presente con ben 23 atlete, ha rischiato lo zero vittorie. Evitato nei +81, con le due finaliste. Ha vinto la Kungeibayeva, contro la Islambekova, entrambe dai larghi fianchi. Meglio è andato il Kazakistan tra gli uomini, con cinque successi, due per wo. Stesso risultato dell’Uzbekistan, che le vittorie le ha ottenute sempre combattendo. Significativo il successo nei + 92 del gigante uzbeko Jakhongir Zorikov di soli 21 anni, sul kazako Aibek Oralbay, 25 anni a giugno, per 3-2.  Che non vale ancora Jalolov, ma è pugile forte. Intanto si è preso la rivincita sull’azero che lo aveva battuto lo scorso dicembre. Bissando il successo dell’edizione 2024. Nurbek il gemello di Aibek, argento a Parigi nei medi, dopo una finale spettacolare, battuto dall’ucraino Olek Khyzhniak, a Sofia è salito negli 80 kg. ma non ha potuto disputare la finale, per l’infortunio alla spalla. Il torneo maschile è stato di altissimo livello con atleti sui podi olimpici e mondiali. Nei 54 kg. l’uzbeko Dusmatov, oro a Parigi ha perso contro il francese Hippocrate, nome relativamente nuovo. Non il solo. Che Kazakistan e Uzbekistan dominassero il torneo non potevano esserci dubbi, visto che sono arrivati in forze (40 atleti), confermando di essere a livello maschile le nazioni attualmente più forti in assoluto, con una base giovanile impressionante. Sono fisicamente fortissimi, bene impostati e si intravvedono anche talenti che hanno un futuro pure da professionisti. Se non ci fosse stata la follia di Putin, la Russia poteva risultare la terza alternativa. Il suo isolamento non fa bene alla boxe. L’Italia negli uomini ha perso all’esordio con Baldassi (57) contro l’azero Suleymanov e il medio Salvati ha mostrato solo coraggio di fronte al kazako Akkalykov, rivale troppo bravo, vincitore della categoria. Gianluigi Malanga (67) debutta superando il bulgaro Nedelchev, perde dall’azero Gahramanov che arriva in finale e impegna allo spasimo il kazako Sabyrkan, che forse non aveva neppure vinto. Anche se il mancino barese contro l’azero avrebbe perso, la pessima conduzione dell’arbitro iraniano ha reso ancora più difficile la prova del nostro, ammonendolo e costringendolo a stop continui. Commey (80) debutta contro l’uzbeko Ismoilov, risalendo dopo un avvio negativo, con una prova generosa e dispendiosa. Perde dall’inglese Shittu, dalla boxe sfuggente, pedalando all’indietro. Usando l’allungo con furbizia, evitando il contatto e Commey non riesce mai ad agganciarlo. Il fiorentino Gabriele Guidi Rontani (71) mi aveva illuso di arrivare almeno in finale, dopo la bella vittoria sull’azero Hasanov, non l’ultimo arrivato, dimostrando personalità e precisione. Contro il kazako Zhussupov era partito bene, poi gli è mancato il fondo per mantenere il ritmo, perdendo un match alla sua portata. Il 3-2 è significativo. Visto che il kazako ha vinto il torneo. Il bilancio maschile si fissa su tre vittorie e cinque sconfitte e un podio di bronzo. Il bilancio femminile è meno negativo: quattro vittorie e quattro sconfitte. La Ayari, sempre in affanno contro la bulgara Poptolev, subendo anche un conteggio. La mancina milanese Rebecca Nicoli vince facile contro la modesta turca Caca, match a ritmo sincopato.  La seconda prova la mette di fronte alla kazaka Volossenko, non certo un fenomeno, il problema è che l’azzurra non doppia mai i colpi, poco mobile, lontana dall’atleta di qualche tempo addietro. La viterbese Melissa Gemini è una guerriera indomita e vince la guerra contro la turca Ucyldiz, che la sovrasta di 15 cm. Poi trova la cinese Li Qian, plurititolata e ancora abile, nonostante i quasi 35 anni e deve lasciarle il passo. Dimenticavo di ripetere che l’azzurra milita nei 75 kg. regalando una categoria alle avversarie. Angela Carini merita i complimenti e moralmente anche gli applausi riservati alle vincitrici. Debutta dominando la Tatar campionessa turca, supera pure una delle favorite, la kazaka Yessenkeldi, in modo netto. Della finale ho già detto. Sono rimaste a casa Sorrentino, Charaabi e Testa. Non era il caso di portarle allo Strandja? Ho letto il comunicato federale, successivo al torneo. Soddisfatti del risultato finale. Chi si accontenta con quel che segue. Personalmente sono molto meno ottimista. Il discorso del carico di lavoro è una scusante usata spesso, che non sta in piedi. Se la situazione era quella, non dovevano andare a Sofia. La verità è diversa. L’Italia si porta dietro i problemi di sempre. I presenti allo Strandja da anni sono il meglio nazionale, ma la crescita nel confronto con altre nazioni è quasi inesistente. I difetti tecnici e i limiti atletici sembrano endemici, irrisolvibili. Rontani, il nostro migliore ha perso in semifinale perché ha finito la benzina alla fine del secondo round. Ayari e Nicoli erano fuori forma, la Gemini combatte nei medi, senza esserlo. Anche altre altre nazioni hanno raccolto meno del previsto, la Turchia e il Kazakistan nel femminile, l’Irlanda e la Georgia tra gli uomini. La differenza è che loro hanno ricambi, noi molti meno. Senza essere un indovino, ho l’impressione che ci sia poco, poco. Continuo a ritenere che il settore tecnico rinunciando a Valeria Calabrese come responsabile delle giovanili al femminile abbia commesso un errore grave. Aggiungo che non conosco chi dirige quel comparto. Vado controcorrente, visto che il vertice assicura che va tutto bene e continuiamo a conquistare medaglie. Comprese quelle di Sofia. Io non sono d’accordo, a Sofia abbiamo raccolto non conquistato, solo quattro podi, siamo nella parte bassa della classifica. Ma questo non viene detto. Io sono dell’opinione che è meglio una scomoda verità, che una dolce bugia. Ugualmente sarei felicissimo di venire smentito al prossimo impegno in Brasile. Che rappresenta una specie di esame di riparazione. Se così non fosse, potrei anche pensare di avere visto giusto. E non sarei contento. Ma triste. A livello statistico, la classifica per nazioni maschile vede come nei pronostici il Kazakistan (5-9-4) davanti all’Uzbekistan (5-1-2), entrambe con cinque vittorie, ma i kakaki con più podi. Seguono Bulgaria (2-0-3) e Turchia (1-0-0) a formare il quartetto che ha vinto almeno un oro. Poi Azerbajan (0-2-2) e Grecia (0-1-0), quindi le squadre sul gradino più basso e l’Italia è preceduta da Irlanda (0-0-4), Kosovo (0-0-2), Georgia (0-0-2) e G.B. (0-0-2), in coda alla pari di Francia, Israele Austria e Cina, con un solo bronzo. Per un totale di 15 iscritte sul podio delle venti presenti. Senza medaglie Galles, Taipei, Cipro, Pakistan e un club locale. La classifica al femminile vede al primo posto la Cina (3-0-0) che ha fatto il pieno, tre presenze e tre ori. Seguono Bulgaria (2-1-0) e Taipei (2-0-0), Kazakistan (1-6-8), Turchia (1-1-9), Francia (1-1-1), Inghilterra (1-0-1), Kosovo (1-0-0), Grecia (0-2-0), penultima l’Italia (0-1-2), che precede solo l’Irlanda (0-0-1) tra le undici sul podio. A secco solo il club locale. I numeri dicono più delle parole.

Giuliano Orlando