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Storie maledette della boxe.
Quando la nobile arte si trasforma in inferno.
I pugni non sono mai negativi. Al contrario dei protagonisti il cui destino è spesso ingigantito per il gusto del tragico. Dario Torromeo. Storie maledette della boxe. Quando la nobile arte si trasforma in inferno. Diarkos editore - Pag. 512 – Euro 20.00.
di Giuliano Orlando
Confesso di aver faticato non poco a dare un senso logico ad un libro intitolato Storie maledette della boxe. Etimologicamente significa che partono e finiscono tragicamente. Cosa abbia di maledetto la storia di Claressa Shield, bicampionessa olimpica (2012/2016), mondiale sia da dilettante che da professionista. Con i pugni si è assicurata un conto in banca che la tranquillizza per il resto della vita. Ha 30 anni, ancora in attività, promette di rimpinguare il lauto bottino personale. Infanzia difficile? Certo, ma è il passato. Il presente non è certo maledetto. Ho citato Claressa, che ho visto combattere e intervistato. Al contrario dell’autore che da decenni racconta e racconta, copiando le storie che poi enfatizza. Questa la mia opinione. Scrive bene, ma questo non giustifica che aggiunga fantasia alle realtà dei fatti. Per il lettore alla ricerca di emozioni è il meglio. Ma chi ha cognizione, ovvero esperienza e molte di queste storie le conosce, capisce al volo, che sta esagerando. Un vezzo? Non è da escluderlo. Tra l’altro ha un precedente significativo. In occasione dei mondiali femminili dilettanti 2022 a Istanbul, dove ero presente nella parte conclusiva, così descriveva il confronto di Irma Testa, l’azzurra che giunse in finale, conquistando l’argento, battuta da Lin Yu-Tuing di Taipei. Torromeo da casa, così descrive il match dei quarti.
Riporto testuale, il suo commento. Irma Testa vince ancora. Un verdetto pienamente meritato, ma sofferto nelle dimensioni e nello svolgimento del match. Ha sconfitto Zhaina Shekeberkova, 32enne kazaka che il meglio l'ha già dato. Due medaglie ai Mondiali: bronzo ad Astana 2016, argento a New Delhi 2018, entrambe nei pesi mosca. Fisico compatto, meno adatto alla categoria superiore. Irma ha vinto di misura come dicono i cartellini. L’ha fatto mostrando il meglio di sé quasi esclusivamente nel secondo round. Lì abbiamo visto cosa potrebbe fare, peccato lo faccia con grande parsimonia. Schivate millimetriche, rientri che sono il trionfo della scelta di tempo e della giusta distanza, ganci e diretti. È questo il tesoro che si nasconde dentro la ragazza di Torre Annunziata, un tesoro che solo in qualche occasione accetta di mettere in mostra. Boxa al risparmio. E ha ragione lei, almeno sino a quando vince. È una tattica perfetta per evitare di prendere colpi e portare a casa il risultato. Poi però accade che il match, o l’avversario. pretendano che salga un gradino, alzi il livello del suo pugilato. Perché, è tutto vero.
È stata la prima italiana a cimentarsi in un’Olimpiade, la prima a vincere una medaglia ai Giochi. Ma è troppo brava per accontentarsi di questo. Irma Testa ha talento, capacità tecniche, ritmo e velocità. È una campionessa che può mirare a qualsiasi risultato. Salire sul podio è un confine che non le può essere imposto. Lei ha le armi per issarsi ancora più su, fino al gradino più alto. Per ottenerlo, il massimo intendo, perché è questo lo spazio in cui una come lei deve combattere, deve fare uno scatto in avanti. Non può rischiare anche contro chi è decisamente meno brava di lei. Non un rischio sul piano fisico, perché questo sinora non è mai accaduto, ma su quello del risultato. Bisogna avere rispetto del proprio talento, rendergli giustizia. Irma appartiene al mondo delle campionesse ed è con loro che deve stare. Sempre. Mercoledì, in semifinale, affronterà l'indiana Manisha.
Quarti di finale, (57 kg) Irma Yesta (Italia) b Zhaina Shekeberkova (Kazakistan) 4-1 (30-27 29-28 28-29 30-27 29-28). Non solo descrive il match, ma insegna all’azzurra cosa deve fare sul ring. Resta un piccolo particolare. Il match così ampiamente descritto non è mai avvenuto! Irma in realtà ha battuto l’uzbeka Turdibekov, classe 2002 (19 anni) ottima e molto forte. Con questo precedente, si fatica a pensare che queste storie non siano ricamate dalla fantasia. Per renderle più efficaci, ovvero maledette. I protagonisti spaziano dai noti Valero, Gatti, Tyson, Ross, Chacon, Tapia, Liston, Ketchel, Turpin, Hatton, Fury, Ayala, Mitri, La Motta, Monzon, Carter, Louis, Galendo e Sanchez. A parere personale la maggior parte sono storie di riscatto e non maledette. Anche se rispetto il pare di ognuno. Resta l’ultima osservazione, cintando le fonti che gli hanno fornito il materiale, sono circa 80 tra libri, agenzie, giornali, internet e tv. Mi chiedo, cosa resta di realmente personale? La risposta potrebbe essere: la fantasia
Giuliano Orlando