Morello tricolore medi, ma Hermi merita la rivincita. Vincono Kogasso, Aouina, Faraone e Merone

Pubblicato il 18 maggio 2025 alle 20:05
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Morello tricolore medi, ma Hermi merita la rivincita. Vincono Kogasso, Aouina, Faraone e Merone.

D’Addazio nuovo campione dei superleggeri

di Giuliano Orlando

Ancora una volta la TAF di Edoardo Germani in collaborazione col team di Sara e Giacobbe Fragomeni, hanno fatto centro. Tutto esaurito al Centro Pavesi e pubblico nella gran maggioranza di giovani, segnale importante per il futuro del pugilato. Presente il gigante romano Guido Vianello, in attesa di tornare negli USA.  L’attesa sfida per la cintura tricolore dei medi tra Dario Morello (25-1) e Yassin Hermi (15-3-1) ha mantenuto le promesse della vigilia. Un match carico di tensione sia tra gli spettatori che sul ring. Avvio col brivido, per merito di Hermi, che in risposta al sinistro dell’avversario, scattava con un destro preciso capace di far inginocchiare Morello, subendo un conteggio imprevisto. Da quel momento iniziava l’inseguimento dell’allievo del maestro Ercole di Cetraro nella bella Calabria, dove Dario è nato, non facile perché all’ottimo gioco di gambe e schivate al millimetro di Morello, Hermi rispondeva con repliche pesanti. Match entusiasmante ed equilibrato, seguito da pubblico, diviso a metà con una partecipazione di antica memoria. Hermi, guidato ottimamente da Fragomeni, non si lasciava trascinare dall’istinto, semmai al contrario, ragionava molto e pagava una certa rigidità del tronco, segnale della tensione del toscano, comunque mai domo. Al termine dei dieci round, due giudici assegnavano 96-94 il terzo 95-94 che era anche il mio punteggio, a favore di Morello. Al di fuori del risultato, il fatto più positivo è l’importanza che sta ritrovando il titolo italiano. Inoltre, se Morello non lo lascerà subito vacante, avendo l’opportunità europea nel mirino, la rivincita ci sta tutta e il pubblico sarà ancora più numeroso in una location con maggiore affluenza. 

Non dev’essere piacevole assaporare il gusto asprigno della sconfitta, dopo dieci anni dall’unico e precedente inciampo. E’ capitato a Mirko Geografo (19-2-2), romano di 33 anni, allievo di Simone D’Alessandri, attivo dal 2015, una carriera ricca di trofei: IBF Latino, EBU Silver e il tricolore welter nel 2018, battendo Domenico Spada (43-7), personaggio controverso, istrione sul ring e fuori, in un derby infuocato, che dopo quella sconfitta disse stop ad una carriera iniziata da pro nel 2002. Geografo non perdeva dal dicembre 2015. Nella sua Roma, si fece battere da Christian Arvelo Segura (13-7), un dominicano residente a Settimo Torinese, ancora attivo con alterni risultati, che meno di due mesi prima lo aveva superato senza problemi. Una distrazione pagata salata. Da allora, diverse vittorie e un paio di pareggi. Attività alternata da pause prolungate. Fermo dal 2019 al 2021, inattivo nel 2023, riprendeva l’anno dopo, aggiudicandosi l’EBU Silver a spese di Pietro Rossetti il 18 ottobre a Roma. A Milano ha tentato di togliere al tunisino Akrem Aouina (13-1), 30 anni, trasferitosi da Padova a Milano lo scorso anno, l’International Silver WBC, conquistata a Milano lo scorso novembre a spese di Nicholas Esposito (19-1). Sotto la guida di Fragomeni ha migliorato un repertorio tecnico già di qualità. Con grande scelta di tempo, gioco di gambe e colpi da tutte le direzioni. Akrem non è una novità: nel 2018 a Pescara da dilettante vinceva il tricolore welter. Tutto questo lo ha sciorinato per sei round, offrendo spettacolo molto gradito dal pubblico. Nella parte finale è venuto fiori l’orgoglio del romano e una certa stanchezza di Akrem, meno mobile e più lento.

La vittoria non ha corso rischi, ma Geografo ha chiuso tra gli applausi, per la generosità e la ricerca del recupero. Verdetto unanime per Aouina, che mantiene la cintura con vantaggi di sei punti e in Italia sarà dura levargliela. Resta il limite che da tunisino, ha disco rosso per l’europeo che potrebbe valerlo.  Il derby romano nei medi tra l’ennesimo allievo di Simone D’Alessandri, Francesco Faraone (8) e Francesco Russo (13-5) ha specchiato la classica sfida tra tecnico e picchiatore. Per cinque riprese Faraoni ha condotto in modo perfetto l’andamento del confronto, colpendo ed evitando le reazioni di Russo, che ha bisogno di un rivale che accetta la sfida a corta distanza, per dare il meglio. Nelle ultime tre, il calo atletico di Faraoni ha permesso a Russo di trovare l’avversario, ma solo raramente il bersaglio. Diciamo che ci ha provato, ma l’avversario legava e scappava, atteggiamento che Russo non ha gradito, stimolato dal suo tecnico che anche dopo il match ha offerto un teatrino gratuito e neppure edificante. C’è voluta tutta l’abilità dell’annunciatore Valerio Lamanna, nelle interviste a fine match per portare in ragione Russo. Che forse, assieme al maestro, dovrebbe prendere qualche lezione di sportività. Vorrei sapere, se al posto di Faraone, cosa avrebbe fatto Russo, se non difendersi, legando e replicando nel limite della correttezza. Certo, Faraone non è ancora maturo per la cintura italiana, in particolare se la detiene Morello. A parte l’autonomia sulla distanza dei dieci round che non ha, porta i colpi senza il supporto della spalla con l’appoggio iniziale del piede per dare potenza al colpo. Tutte cose che sicuramente perfezionerà, essendo un allievo intelligente ed educato.                                                                        

Un Jonathan Kogasso (16) versione peso massimo, applauditissimo dal pubblico fa capire subito al non più verde laziale di Frascati, Alfonso Damiani (7-9) che i chili in più del romano sono solo un handicap. Troppo veloce e preciso, troppo campione per correre il minimo rischio, nelle tre scarse riprese, tanto è durato il match, il divario era netto. Anche se Damiani ha meritato gli applausi per aver dimostrato di non essere salito sul ring per proforma ma da atleta per combattere. Il match è stato interrotto quando l’arbitro si è accorto che l’orecchio sinistro di Damiani sanguinava, ha chiamato il medico. Il sanitario dava lo stop, col pubblico che fischiava e lo stesso Damiani faceva capire che se la sentiva di proseguire. Ho chiesto al dottor Luca Pacciolla il motivo del fermo. “Non avendo gli strumenti per un esame approfondito, col rischio potesse trattarsi della rottura del timpano, anche se solo a livello di ipotesi, ho ritenuto corretto fermare il match”. A sua volta Damiani spiegava: “Il timpano l’ho rotto in Germania nel 2023 a Falkensee contro il serbo Sanel Hasanovic (9-1-1) e l’effetto è diverso. Non ci sentivo più da quella parte, anche se l’arbitro ha fatto proseguire fino al termine dei sei round. Qui era sicuramente la rottura di una vena e non del timpano. Comunque rispetto la decisione del medico”. Affronterai ancora Diego Lenzi, visto che eri stato ingaggiato per questo. Saltato per uno strappo al bicipite dell’emiliano? “Nessun problema, anche se prima intendo combattere a Frascati dove abito, per vincere. Poi sono pronto per Lenzi”. A sua volta l’organizzatore Edoardo Germani, esprimeva qualche dubbio: “La sconfitta contro Kogasso, temo tolga interesse alla sfida contro Lenzi. Ci debbo pensare”. Soddisfatto della serata? “Considerato che sono saltati ben due match all’ultimo momento, il pubblico è stato fedele e meraviglioso. Molto partecipe ed estremamente corretto. Da parte nostra cerchiamo di offrirgli sfide stuzzicanti”.

In apertura, i primi a salire sul ring sono i superwelter Gianluca Merone (2-1-1) dal numeroso e rumoroso seguito e Simone Bono (4-3-2), 30 anni, di Ladispoli. Entrambi reduci da vittorie prima del limite. La sfida mantiene la costante del KO a favore del pugile di casa, una furia scatenata al primo rintocco del gong. Merone costringe alle corde Bono che cerca di chiudersi in guardia stretta ma è tutto inutile. Merone colpisce sopra e sotto e il destro al mento è una sentenza, prima caduta e primo conteggio. Bono si rialza, ma dopo pochi istanti è ancora al tappeto. Le gambe malferme, vorrebbe proseguire, ma il suo maestro Gino Lauro getta la spugna, evitando al suo pugile pugni inutili e dannosi. Il dopo match è al sapore della dolcezza. La moglie di Gianluca ha in braccio un frugoletto di qualche settimana, l’orgoglio del fresco papà che lo alza al cielo, mostrandolo come il trofeo più bello del mondo. Come lo hai chiamato chiedo. “Si chiama Rocco in onore del grande Rocky Marciano il campione imbattuto nei pesi massimi”.                                                                                               

 Al PalaRoma di Montesilvano (Pe) in Abruzzo, Edoardo D’Addazio (13), 29 anni, pro dal 2021, residente a Giulianova, mantiene l’imbattibilità e conquista il tricolore vacante dei super leggeri. Per realizzare l’impresa batte il romano Mauro Loli (11-8-1) 28 anni, pro dal 2018 con alterni risultati ma una costante: combattente indomito al limite della resistenza fisica. Così è stato anche contro il più aitante avversario, inizialmente, partito a razzo, ma esagerando negli attacchi ha pagato lo sforzo, consentendo al romano di replicare fino a portarsi alla pari. Solo nella parte conclusiva D’Addazio ha fatto la differenza, cercando anche la soluzione prima del limite. Non riuscita perché Loli ha messo il cuore oltre l’ostacolo. La riunione è stata completata con la vittoria del welter locale Ivan Guarnieri (9-1-1), 30 anni, pro dal 2023, sui sei round contro il collaudatore colombiano residente in Spagna, Fernando Mosquera (7-31), pro dal 2021, 31 anni, molto attivo in Italia. Il giovane superpiuma Fabio Liberati (6), 22 anni di Pesaro, pro dal 2023, prosegue la marcia vincente, superando il romeno Gheorghe Trandafir (5-7-2), residente a Roma ai punti. Più sbrigativo il medio ucraino Bohdan Dyachok (3) che si allena a Pesaro e conferma la potenza, spedendo ko al terzo round il serbo Mladen Rakic (1-2), 29 anni, pro dal 2024. 

Giuliano Orlando

 

 

 
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