Medi, categoria regina: statistiche e curiosità europee e italiane dei I sedici nostri campioni d’Europa

Pubblicato il 6 marzo 2020 alle 19:03:06
Categoria: Boxe
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La categoria dei pesi medi è ritenuta da molti quella ideale, meglio dei massimi. Nella storia mondiale della noble art, divisa in categorie, i medi (160 libbre, 72,574 kg.), ebbero la loro ufficialità nel 1884, la quarta in assoluto, preceduta dai pesi gallo (1856), piuma (1860) e leggeri (1855). A seguire i welter (1888), i massimi (1892), i mediomassimi (1903) e i mosca (1912). Il primo re dei medi fu John Kelly, meglio noto come Jack “Nonpareil” Dempsey, un irlandese vagabondo e stravagante ma di talento, che la conquistò il 30 luglio 1884, sul ring di Great Kills, nel quartiere di States Island a New York, sconfiggendo il canadese George Fulljames, col quale aveva pareggiato nel 1880 e difendendola con successo quattro volte. Dovette lasciarla  il 14 gennaio 1891 a Robert Fitzsimmons, nato in Cornovaglia nel 1862, formatosi pugilisticamente in Nuova Zelanda, dove si era trasferita la famiglia e dove il padre impiantò una fucina, facendo lavorare anche il piccolo Bob, detto “Bob Ruby” per il colore dei capelli. La conquista della cintura delle 160 libbre, fu la prima di un crescendo rossiniano. Il 17 marzo 1897, a Carson City nel Nevada, tenta la cintura dei massimi. Dopo un avvio disastroso di fronte al beniamino locale James “Gentleman” Corbett, che possedeva pugni veloci, capaci di far contare il rosso avversario al quinto tempo. Ma la riscossa non si fa attendere. Al nono round Corbett appare stanco e al 14° si arrende, sotto l’effetto di un preciso sinistro al ‘solar plexus’, che lo costringe al KO. Nel 1903, a 40 anni suonati si impossessa, anche della corona dei mediomassimi. Una carriera infinita, conclusa nel 1914 a 52 primavere. La categoria dei medi, nella sua lunga storia ha incoronato campioni indimenticabili da Ketchel, Papke, Greb, Walker, Dundee e Zale, quindi La Motta, Robinson il più grande in assoluto, Basilio, Fullmer fino a Griffith e Benvenuti, Monzon e Hagler per citare il ghota.  Molti sono arrivati dai welter, altri si sono avventurati fino ai massimi.  In Europa il primo a scrivere il proprio nome sulla vetta del vecchio continente, fu Georges Carpentier, il campione del ring, più amato dai francesi. Era nato a Lievin, terra di minatori, il 12 gennaio 1894. A 13 anni debutta al professionismo nei mosca e nella sua lunga carriera, conquisterà i titoli europei welter (1911), medi (1912), mediomassimi (1920-22) e massimi (1913-1919), iridato nei mediomassimi (1920-1922), cinge anche l’eccentrica cintura come campione mondiale di razza bianca (1914), ma non tenta mai di conquistare quella dei medi. Per quella vera dei massimi, ci prova il 2 luglio 1921, contro Jack Dempsey, il feroce “martello di Manassa”, nell’Arena Boyle di Jersey City, un catino di legno fatto costruire dal furbo organizzatore Tex Rickards, sicuro di poterlo riempire. Infatti assistettero a quella sfida più di 81.000 spettatori che riversarono nella casse di Tex, qualcosa come 1.872.238 dollari, primato assoluto per un evento sportivo. Quella notte, la Francia si fermò sperando nel miracolo, che non avvenne, anche se l’Uomo Orchidea” come lo chiamavano i suoi fans, sfiorò l’impresa. Sconfitto al quarto round da un rivale che lo sovrastava di oltre sette kg. (78,017 contro 85,274), due riprese prima Carpentier aveva centrato l’americano con un destro preciso al mento che Dempsey accusò vistosamente, anche se riuscì a restare in piedi. Purtroppo quel colpo gli costò la frattura della mano, decisiva per il destino del match. Anni dopo Dempsey confessò: “Ero KO in piedi, bastava una spinta e sarei caduto al tappeto”. La Francia pianse a lungo per quella sconfitta. Nessun evento aveva destato tanto interesse. La radio trasmetteva per la prima volta in diretta un incontro di boxe, grazie alla struttura prestata dalla Marina americana, fatta funzionare dall’ufficiale tecnico Beniamino Roosevelt, futuro presidente degli Stati Uniti. Attorno al ring un vero esercito di celebrità, Henry Ford e Charlie Chaplin, Douglas Fairbains e Mary Pickford, la diva Estelle Taylor che divenne la signora Dempsey, il produttore David Griffith, Rodolfo Valentino e Lilliam Gish. Carpentier fu il sogno proibito di tante signore. Il romanziere Arnold Bennet scrisse: “Potrebbe essere un poeta, un musicista, un avvocato, ma non un boxeur”. Ritenuto troppo bello per fare il pugile, smentìsce tutti, dimostrandosi un campione sul ring, oltre che un valoroso soldato. Arruolatosi nell’aviazione a 20 anni, si merita una croce di guerra e una medaglia al valore. Guadagnò una montagna di soldi, che svanirono con la crisi di Wall Street del 1929. Il ritorno alla realtà quotidiana dopo quella sfortuna, venne affrontata con lo stesso stile di quando era ricco. Scrisse qualche libro, aprì un bar a Parigi frequentato da amici e turisti. A 62 anni si risposò con una modella che aveva meno della metà dei suoi anni. Si spegne a 81 anni, assistito dall’unica figlia Jaqueline, scusandosi per la pena che gli procurava. L’ultimo gesto di classe di un campione infinito.

Dopo la conquista dell’europeo dei medi di Georges Carpentier nel 1912,avvenuta  sul ring di Montecarlo, battendo l’inglese Jim Sullivan, si sono disputati altri 183 incontri col titolo in palio. Hanno centrato il bersaglio 71 pugili di 16 nazioni.  In testa l’Inghilterra con 19 campioni, seguita da Italia 16, Francia 15, Germania 4, Belgio e Danimarca 3, Polonia 2, Austria, Spagna, Grecia, Ungheria, Olanda, Russia, Finlandia, Armenia e Ucraina 1.  

Questi gli inglesi: Gus Platts 1921, Johnnys Basham (1921), Ted Kid Lewis (1921-22), Roland Todd (1923), Tommy Milligan (1925-26-27), Alex Ireland (1928), Randolph Turpin (1951-53-54), John McCormac (1961-62); Kevin Finnegan (1974-80-), Bunny Sterling (1976), Alan Minter (1977-78), Tony Sibson (1980-81-82-84), Herol Graham (1986), Richie Woodhall (1995-1996), Howard Eastman (2001-2003-2004), Matthew Macklin (2009-2010), Darren Barker 2011), Kerry Hope (2012) e Billy Joe Saunders (2014).                          

Gli italiani:   Bruno Frattini (1924-1925-1926), Mario Bosisio (1928-1930-1931), Leone Jacovacci (1928), Tiberio Mitri (1949-1954), Nino Benvenuti (1965-1966), Carlo Duran (1967-68-69-70), Elio Calcabrini (1973), Angelo Jacopucci (1976), Germano Valsecchi (1976-77), Matteo Salvemini (1980), Sumbu Kalambay (1987-1990-91-92), Francesco Dell’Aquila (1989-1990), Agostino Cardamone (1993-94-98), Cristian Sanavia (2001), Emanuele Blandamura (2016), Matteo Signani (2019). 

I francesi: Georges  Carpentier (1912), Ercole de Balzac (1920-21) Marcel Thil (1929-30-34-35), Edouard Tenet (1938-39), Marcel Cerdan (1947-48), Charles Humez (1954-56-57-58), Jean Claude Bouttier (1971-1974), Gratien Tonna (1975-77-78), Louis Acaries (1982-83), Pierre Joly (1987), Christophe Tiozzo (1988), Hacine  Cherifi (1996-97), Erland Betare (1999-2000), Morrade Hakkar (2002-2005), Michel Soro (2015). 

I tedeschi: Hein Domgoerger (1931), Jupp Besselmann (1942-43), Gustav Bubi Scholz (1958-59), Sebastian Sylvester (2005-06-07-08).

I belgi: Rene De Vos (1926), Gustave De Roth (1933-34),  Cyrille Delannoit (1948) e i danesi: Chris Christensen (1962), Tom Bogs (1969-70), Ayub Kalule (1985). La Polonia:Grzegorz Proksa (2011-2012), Kamil Szremeta (2018-2019).   

Un titolo a testa per Austria: Poldi Steimbach (1931); Ungheria: Laszlo Papp (1962-63-64); Spagna: Ignacio Ara (1932); Grecia: Anton Christoforidi (1938); Olanda: Bep van Klaveren (1938); Finlandia: Amin Asikainen (2006-2007), Armenia: Khoren Gevor (2008), Ucraina:  Maksym Bursak (2013), Russia: Alexander Zaytsev (1996).  Totale 71 pugili hanno conquistato l’europeo dei medi.                                                                    

Il tedesco Sebastian Sylvester (Gemania) è l’unico pugile ad aver combattuto 9 volte (2011-2005) col titolo in palio, seguito dagli italiani Carlo Duran (1967-68-69-70), Sumbu Kalambay (85-92) e il francese Marcel Thil (1929 e 1935) a quota 8, Agostino Cardamone (Italia) e l’ungherese Laszlo Papp, titolare dal 16-5-1962 al marzo 1965, il francese Charlez Humez (1953-1958), sono a 6 match; Mario Bosisio (1928-1931), Tommy Milligan (1925-27), Alain Minter (1981-77), Marcel Cerdan (1947-48) e Tom Bogs con 5 impegni;  per Buby Scholz (Ger) campione dal 4 ottobre 1958 al 12 maggio 1959, 4 incontri; Bruno Frattini (Ita) e Roland Todd  (G.B) con 3.

Per l’Italia, oltre ai 16 campioni, hanno tentato altri undici sfidanti, senza conquistare il titolo. In ordine cronologico ecco i meno fortunati. 1931: Enzo Fiermonte; 1942: Mario Casadei; 1948: Giovanni Manca; 1956: Franco Festucci; 1957: Italo Scortichini; 1969: Luigi Patruno; 1981: Nicola Cirelli; 1995: Silvio Branco; 2001: Davide Ciarlante; 2005: Lorenzo Di Giacomo; 2007: Simone Rotolo; 2011: Domenico Spada; 2017: Alessandro Goddi.

 


La Romania ha tentato invano per due volte la conquista dell’europeo. La prima nel 1931 con Motzi Spakow (116-27-35), stakanovista del ring, attivo dal 1925 al 1945, combattendo in tutta l’Europa. Sul ring di Bucarest, il francese Marcel Thil, risultò troppo superiore ad un rivale generoso, che dovette arrendersi al settimo round. Il tentativo, nel 1933 sempre a Bucarest, vide George Axiotti, beniamino della capitale, tentare l’assalto contro il belga Gustave Roth, dal quale aveva perso l’anno prima a Bruxelles ai punti. Nonostante il fattore casalingo, la classe del belga ebbe la meglio dopo 15 round, tenuti in pugno dall’ospite. Spakow e Axiotti, dividevano il tifo dei romeni e si affrontarono ben cinque volte, due vittorie a testa e un pari, lasciando insoluta la ricerca della reciproca superiorità. Entrambi, a fine carriera, sono saliti nei mediomassimi. Mentre Spakow era un pugile con la valigia, incurante dei rischi, Axiotti ha combattuto poco fuori da Bucarest. Molto resistente, ha disputato 41 incontri con 23 vittorie, 11 pari e sette sconfitte, una sola per KO, il 3 febbraio 1934 a Parigi, ad opera del valdostano Tino Rolando, attivo dal 1931 al 1939, con una frenetica attività che lo portò in otto stagioni (1931-1939) a disputare 114 match.  Fra i 71 campioni d’Europa, solo 7 hanno conquistato il mondiale. I francesi Marcel Thill (1932-35) e Marcel Cerdan (1948), gli inglesi Randolph Turpin (1951), Alain Minter (1979-80) e Billy Joe Saunders (2016-17), gli italiani Nino Benvenuti (1968-1970) e Sumbu Kalambay (1987-88), mentre Cristian Sanavia ha conquistato il mondiale supermedi nel 2004 a spese del tedesco Markus Beyer a Chemnitz in Germania. 

In Italia, il 21 febbraio ad Asti, l’idolo di casa Etinosa Oliha, origini nigeriane, nato a Torino il 13 giugno 1998, battendo il napoletano Carlo De Novellis, classe 1980, a 21 anni e 8 mesi, è diventato il secondo più giovane campione nazionale della categoria, nata nel 2014, quindi ultracentenaria. Sia pure di pochi giorni, il primato lo mantiene il triestino Tiberio Mitri, nato il 12 luglio 1926, tricolore il 14 marzo 1948. Prima di lui, hanno conquistato il tricolore altri 66 pugili, disputando 166 incontri, il primo dei quali a Milano il 13 giugno 1912, protagonista Amilcare Beretta, atleta polivalente, capace di primeggiare anche nel nuoto e nella scherma, oltre che valido maratoneta. A Milano il Comitato Alta Italia (la federazione sarebbe nata nel 2016) allestì un torneo per indicare nel vincitore il primo campione italiano dei medi, una delle tre categorie riconosciute (le altre due erano i massimi e i leggeri). Beretta battè in successione Giuseppe Poli, Regondi ed Eustacchio Sala. Il titolo venne contestato da Alessandro Garassini, che risiedeva a Genova e fu il pioniere principale nel far conoscere la nuova disciplina in Alta Italia. In precedenza aveva rifiutato di battersi con Beretta a Milano, ritenendo la borsa inconsistente. Nel 1913 a La Spezia, gli amici di Garassini organizzarono un torneo che assegnava il titolo dei medi. Il pugile ligure vinse alla grande, a spese di Zavire Carcereri, Enrico Fornaciari, Benvenuti Fantato, Athos Pedroletti ed Enrico Zicavo nella stessa serata, proclamato campione in alternativa a Beretta. Situazione imbarazzante, risolta l’anno dopo, con Beretta che accetta di combattere a Genova il 23 marzo, nella palestra dell’Associazione Cristoforo Colombo, davanti ad oltre 500 spettatori, quasi tutti tifosi di Garassini, il cui incitamento non è sufficiente a portarlo alla vittoria. Beretta si dimostra superiore, facendo leva sulla maggiore fisicità. La lezione serve a Garassini che lavora un anno intero in palestra per mettere muscoli e curare la resistenza alla fatica, diventando un vero medio. Mentre Beretta è impegnato in esibizioni pubbliche nel gruppo viaggiante che allestisce spettacoli nelle varie piazze d’Italia, attività discretamente remunerativa, ma poco utile a mantenere la condizione atletica. Infatti nella terza sfida, fissata sempre a Genova il 6 novembre 1914, un Garassini al meglio costringe Beretta alla resa al quarto round, complice anche una lussazione del braccio destro, ma in realtà per aver trovato un avversario meglio preparato che cinge la cintura tricolore, dando fine alle polemiche. Garassini difende due volte la cintura, sempre a Genova, contro Benvenuto Fantato, compagno di palestra e combattente generoso. La prima volta decidono di combattere sui 20 round ed è battaglia feroce, che Garassini vince al 17° round, il match tricolore più lungo in assoluto nei medi. I due si ritrovano cinque anni dopo, il 17 settembre 1919, quando i fuochi della Grande Guerra si sono spenti e ancora una volta, l’esperienza e la bravura di Garassini hanno la meglio, all’undicesimo round, complice uno strappo alla gamba sinistra subito da Fantato, scivolando sul tappeto bagnato. Soddisfatto del risultato, decide di lasciare il titolo e la Federazione assegna d’ufficio la cintura a Bruno Frattini, altro milanese dal carattere di ferro, un guerriero indomito, soprannominato “Cuor di leone” dal pubblico. Partendo dal titolo italiano, ottiene l’europeo sfidando il meglio del vecchio continente dal belga René Davos agli inglesi Teddy Moore, Roland Todd, Tommy Milligan e Ted “Kid” Lewis campione del mondo al francese Francis Charles. Il 3 ottobre 1926 all’Arena di Milano, davanti a 30.000 spettatori, Frattini difende il titolo, dopo averlo tenuto a riposo per cinque anni, e la battaglia tra i due milanesi risulta una delle sfide più spettacolari dell’epoca. Il verdetto arride al più giovane Bosisio sul filo del punto, che mette così in bacheca la cintura nazionale, affiancandola a quella dei leggeri (1922) e dei welter (1923-1925) oltre all’europeo che aveva conquistato il 28 dicembre 1924 a Milano contro Piet Hobin, match finito in parità, ma conquistato dal milanese a tavolino, avendo il belga superato il peso dei welter sulla bilancia. A distanza di un anno, dalla battaglia contro Frattini, il milanese mette in palio il trofeo nazionale con Leone Jacovacci, il mulatto di Roma, dalla forza incredibile, davanti a 18.000 spettatori accorsi al Palasport di Milano. L’avvio del match è disastroso per il campione, messo due volte al tappeto nella ripresa iniziale, terminata a fatica. Ormai la sorte di Bosisio sembra segnata, ma Jacovacci commette l’errore di cercare solo il colpo risolutivo, spendendo tesori di energie, mentre il rivale recupera e fa valere la sua boxe di rimessa. Al termine il verdetto di parità scontenta il romano ma permise al campione di mantenere il capitale. Nel frattempo il belga René Devos lascia vacante il titolo dei medi e l’IBU, designa cosfidanti il marsigliese Barthelemy Molina, genitori piemontesi di Biella e Mario Bosisio, salito di categoria. La sfida viene concordata a Milano l’1 aprile 1928 e risulta molto equilibrata, con alterni vantaggi, decisa dal miglior finale dell’italiano, salito sul ring febbricitante e dal terzo tempo con la mano sinistra gonfia per una contusione. Contrariamente a quanto riportato nell’Annuario della Boxe Italia 2006 e nel libro: Italiani sul ring: i campioni, Barthelemy Molina non ha mai detenuto l’europeo dei medi. Bosisio riporta il titolo in Italia, subentrando a Frattini, che due anni prima lo aveva lasciato al belga René Devos sul ring di Milano, dopo averlo conquistato nel 1924 a spese dell’inglese Roland Todd e difeso dall’assalto del francese Francis Charles a Parigi con un pari spudoratamente casalingo. Nulla in confronto al furto subito a Londra il 6 giugno 1925 contro il locale Tommy Milligan, che sfiorò la disfatta in diverse occasioni, ma i tre giudici inglesi ritennero che il loro pugile meritasse la vittoria, tra i fischi del pubblico. L’IBU, impone la rivincita, ma Tommy preferisce lasciare il titolo vacante piuttosto che ritrovarsi l’italiano di fronte. Al posto di Milligan viene scelto il belga Rene Devos, che fa valere la migliore tecnica. Il milanese chiude la carriera nel 1930, con un bilancio di 98 vittorie, 15 sconfitte, 6 pari e un non decision. Giramondo senza paura, ha combattuto in Francia, in Marocco e Tunisia, in Egitto e Inghilterra, USA, Argentina e Australia. Più cicala che formica, non seppe gestire i pur robusti guadagni, ma non mostrò mai nessun rimpianto. Convinto che, essersi goduto la vita, fosse sufficiente per affrontare la vecchiaia modestamente, ma felice. Dopo Frattini e Bosisio (che detenne il titolo a più riprese tra il 1928 e il 1931), seguirono tre giganti di valore assoluto: Tiberio Mitri, Nino Benvenuti e Carlo Duran. Il primo sfiorò il mondiale, il secondo lo conquistò e il terzo fu grande protagonista in Europa con ben dodici sfide tra medi e superwelter. Tornando all’Italia, dopo Bosisio e il breve regno del romano Enzo Fiermonte, subentra nel 1933 il milanese Clemente Meroni, che stoppò due volte le ambizioni di Oddone Piazza, il veneto reduce dal lungo soggiorno negli USA dove aveva combattuto per il mondiale e affrontato alcuni dei migliori medi, lasciando anche molte energie. Contro Meroni dovette cedere alla maggiore continuità del lombardo. In sequenza cinsero la cintura tricolore il toscano Aldo Menabeni, il romano Vincenzo Rocchi, il milanese Mario Casadei, rilevato dal talentuoso Italo Palmarini, un romano che aveva mostrato ottime qualità nei dilettanti vestendo la maglia azzurra. Sotto la guida di Luigi Proietti, dopo il titolo italiano, cercò gloria sui ring francesi ma senza fortuna, nonostante la buona tecnica, aveva la mascella fragile e quel limite ne condizionò la carriera oltre confine. Sulla vetta italiana ci restò dal 1942 al ’46, spodestato dal romagnolo Wilder Milandri, che lasciò la cintura al sardo Giovanni Manca. Nel 1948 si affaccia Tiberio Mitri, il valente triestino, battendo Marini e quindi Giovanni Manca, che torna campione nel ’49. Si susseguono negli anni ’50, il romano Fernando Jannilli, il mestrino residente a La Spezia, Gino Campagna, detto “calcio di mulo” per la potenza del sinistro, il toscano Ivano Fontana, rientro fugace di Widmer Milandri (1953) a distanza di sette anni dalla prima conquista. Nel ’56 appare Bruno Tripodi, calabrese dell’Aspromonte trasferitosi a Beausolelil nella Alpi Marittime francesi. L’anno dopo irrompe Guido Mazzinghi, genio e sregolatezza, al quale succede il fabrianese Italo Scortichini, reduce dal lungo soggiorno negli USA dove aveva affrontato i migliori welter e medi, confermandosi pugile valido e generoso. Nell’aprile 1958 diventa campione italiano a spese di Gino Rossi, mette KO il pugliese Angelo Brisci nella prima difesa. A novembre, sempre a Milano, affronta il beniamino di casa Giancarlo Garbelli. Anche se hanno diversi procuratori, i due si allenano spesso assieme e sono amici. Non se la sentono di picchiarsi e il confronto diventa una farsa. Al nono round l’arbitro lo ferma per scarsa combattività e decreta il non-contest. Una brutta pagina. Nella carrellata tricolore dopo il ligure Bruno Fortilli, elegante ma troppo godereccio fuori dal ring, arriva il tempo di Nino Benvenuti (1963-65), di Carlo Duran (1967), del padovano Luciano Sarti nel 1970 e ancora alla ribalta nel ’74 battendo Sauro Soprani, ma perde il titolo a tavolino perché trovato doping. Lungi dalla resa, Sarti torna campione l’anno dopo. Gli succede Angelo Jacopucci (1975) che si ripete anche nel 1977, dopo aver conquistato e perduto l’europeo l’anno prima. Nel 1978 tocca a Matteo Salvemini e nell’85 si affaccia Sumbu Kalambay, congolese di nascita, anconetano di residenza da sempre, grande artista del ring, che ottiene la cittadinanza italiana nel 1980, conquistando il tricolore, primo traguardo che lo porterà prima all’europeo e poi al mondiale. Nell’albo doro hanno firmato il tricolore Francesco Dell’Aquila (1991), Agostino Cardamone (1992), Silvio Branco (1994), Cristian Sanavia (2000), Matteo Signani (2010) tutti saliti sul podio europeo, seguiti da Simone Rotolo (2012), Alex Goddi (2014), Andrea Manco (2015), Domenico Spada (2006-2017), Mirko Geografo (2018), Khalil El Harraz (2019) fino a Etinosa Oliha il campione in carica, terzo italiano di colore a vincere il tricolore, dopo Jacovacci e Kalambay. Chi sarà il prossimo sfidante?

Giuliano Orlando