Intervista ad Alex Cherchi sulla sfida di Prodan contro Marku sabato a Londra

Pubblicato il 23 settembre 2021 alle 18:00
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

Quando Maxim Prodan si presenta nella palestra OPI di Milano è il 2014, ha 21 anni ed è accompagnato dalla mamma. La famiglia, originaria di Novoselytsia nel Sud dell’Ucraina, è in Italia da diversi anni e il giovanotto ha svolto attività dilettantistica all’Unione Sportiva Lombarda a Seregno. La mamma spiega che Maxim vuol passare professionista e sa che la famiglia Cherchi può soddisfare il suo desiderio. “In quell’occasione – ricorda Alessandro Cherchi – ero all’estero, impegnato con un nostro pugile. Quando torno a Milano, lo visiono. Ha una bella struttura anche se la sua boxe è quella tipica dei dilettanti. Lo metto sotto pressione per sei mesi. Il giovanotto dimostra di crederci e si impegna al massimo”. Nel frattempo Alessandro aveva preso in affitto il teatro Principe, riportando la boxe, nella storica struttura, che dal 1949 al 1963 era stata la nave scuola assoluta per far crescere il vivaio del professionismo. Su quel ring erano passati Loi, Mitri, Bossi, Zuddas, Lopopolo, Giannelli, Formenti, Fusaro, Campagna, Uboldi, Del Carlo, Gianluppi, Sconfietti, Pomè, Mola, Malè, Barbadoro, Gramegna, Garbelli, Milandri, il massimo Buonvino che in carriera affrontò due volte il mitico Rocky Marciano e tanti altri. Dopo oltre mezzo secolo di silenzio, per iniziativa di Alessandro Cherchi, il Principe riaccende le luci sul ring.

“La riapertura avvenne il 5 dicembre 2014 col tricolore tra Antonio Moscatiello e Riccardo Pintaudi, una sfida che toccò toni spettacolari e drammatici. Tra gli ospiti Bonaria Loi, la figlia del grande Duilio, Giovanni Branchini, affermato talent scout nel mondo del calcio, ma sempre appassionato della boxe e pure Nino Benvenuti che non riuscì a nascondere l’emozione di essere tornato nella città dove nel 1965 aveva conquistato il primo mondiale contro Sandro Mazinghi. Maxim debutta il 30 maggio 2015 contro l’ungherese Duka che finisce KO al terzo round. Inizia così la sua carriera che, incontro dopo incontro arriva nel 2019 a conquistare l’Internazionale IBF dei welter, battendo il belga Steve Jamoye, che difende due volte. Quella di Londra è la terza”.

Finora Maxim aveva sempre combattuto davanti al pubblico di casa a Milano. Addirittura 14 dei 19 incontri li ha sostenuti al Principe, la sua casa pugilistica. L’esame più difficile in assoluto è a Londra. Un passo troppo rischioso?

“Appunto perché la sfida è a Londra – mi risponde Alessandro – la capitale europea del grande pugilato, sottoclou al mondiale dei massimi, tra Joshua e Usyk, due grandissimi campioni, che il rischio vale correrlo. Non credo che sia un passo affrettato, dopo sei anni di professionismo e venti incontri. Il suo avversario, l’albanese residente a Londra, il mancino Florian Marku, ha combattuto meno della metà di Maxim: nove incontri, con otto vittorie e un pari. Hanno entrambi il pugno pesante, quindi possono puntare al KO”. Maxim è cresciuto gradualmente e in alcuni periodi ha faticato a compiere il salto di qualità, ma nel momento fatidico ha trovato la soluzione da vincitore. Quando il 27 maggio 2017 pareggiò a fatica contro il panamense residente in Spagna, Manuel Largacha dalla struttura da medio, non esitò a concedergli la rivincita, sofferta come la prima, ma al sesto round seppe risolverla, mettendo KO l’avversario. So benissimo che non sarà facile spuntarla, ma se vuoi uscire dall’orto di casa devi saper conquistare quello oltre confine”.

Avete studiato le caratteristiche dell’avversario?

“Abbiamo visto alcuni filmati in particolare l’ultimo contro l’inglese Rylan Charlton (6-2) che prima di finire KO all’ottavo round, aveva fatto contare l’albanese nella sesta ripresa. Match durissimo con scambi continui e alterni vantaggi. Per Maxim non sarà una passeggiata, ma neppure Marku avrà vita facile. Perlomeno affronta un rivale che cerca la battaglia, la tattica che preferisce, anche se molto rischiosa. Sono due guerrieri e questo assicura lo spettacolo e al vincitore magari un bis a Londra sicuramente remunerativo. L’Inghilterra al momento non ha nulla da invidiare al resto del mondo, compresi gli Stati Uniti. Combattere sul ring londinese è una grande opportunità da non perdere. Se poi sei più bravo del tuo avversario e conquisti il pubblico, i sacrifici sostenuti per arrivare all’esame che conta avranno anche un tornaconto finanziario. Questa è la nostra speranza”.

In termini di probabilità come quoti i contendenti?

“Partono col 50% ciascuno. Vincerà non tanto il più forte, quanto chi avrà avuto l’intuizione della tattica giusta. Dove occorrerà anche saper aspettare il momento giusto, soffrendo per avere alla fine ragione”.

Giuliano Orlando