Volevo solo giocare a pallavolo - La recensione di Datasport

Pubblicato il 28 novembre 2021 alle 11:00
Categoria: Libri di Sport
Autore: Redazione Datasport

Si chiama ‘sitting volley’ ed è lo sport che ha permesso di aprire orizzonti di luce a chi il destino ha tolto qualcosa. Da questo presupposto è nata la storia di una ragazza che ha perduto la mano destra in giovane età, ma ha saputo lottare contro gli ostacoli che ha trovato per tornare a realizzare il sogno della sua giovinezza. Silvia Biasi oggi ha 33 anni, è il libero nella nazionale italiana di sitting volley e ha voluto raccontare la sua esperienza, perché altri ragazzi e ragazze trovino il coraggio di uscire dal silenzio che la menomazione li imprigiona. Silvia lo sport l’ha coniugato talmente bene che ha preso il toro per le corna, ha fatto sitting volley nella sua città, crescendo fino a meritarsi la convocazione in nazionale, della quale è diventata una bandiera e un punto di riferimento. Ha girato il mondo con la maglia azzurra, ha difeso l’Italia quando la squadra era agli esordi internazionale e le sconfitte facevano parte del prezzo che era l’inesperienza. E’ cresciuta fino a toccare le alte vette delle classifiche. Ha preso parte a campionati europei e mondiali, è andata a Tokyo dopo la lunga pandemia. Nel libro, ha dato voce alle compagne della nazionale: Sara Desini, Francesca Fossato, Giulia Bellandi, Raffaella Battaglia, Flavia Barigelli, Roberta Pedrelli, Elisa Spediacci, Francesca Bosio la sua compagna di stanza, Eva Ceccarelli, Sara Cirelli e Giulia Aringhieri. Ognuna ha raccontato la propria storia e ciascuna è tornata a sorridere grazie al sitting volley. Silvia spiega come si svolge questo gioco: “Qualcuno ha detto che la pallavolo è uno sport da rivoluzionari. Si sbaglia, perché dopo tutto quello che ho passato sono certa che il vero sport da rivoluzionari non può essere che il sitting volley. Da quando è apparso ha rivoluzionato tutto… e non solo la mia vita. Non mi riferisco alle misure ridotte del campo o alla collocazione della rete, simile a quella del tennis, quanto al fatto che si gioca da una posizione insolita. Si gioca seduti. Culo a terra. Il giocatore vive in simbiosi con il pavimento della palestra. Ne sente l’odore, si impasta le mani nella polvere, stravolgendo l’idea del movimento verso l’alto, della rincorsa, del salto, dell’altezza. Non ti stacchi mai da terra, le natiche restano sempre sul pavimento. Non serve essere alti e questo mi ha aiutato. Queste regole hanno favorito l’integrazione. Ci possono giocare atleti con le più diverse disabilità. E’ la declinazione dello spirito democratico e dei principi di solidarietà nello sport”. Per completare il quadro, ha posato nuda per il progetto Nackeed, una mostra fotografica sulla disabilità realizzata con gli scatti di Oliviero Toscani, voluta dal Comitato Italiano Paraolimpico. “La nostra team manager Elva, ci ha informato dell’iniziativa durante un raduno collegiale, spiegando che le foto sarebbero state esposte al Festival della Cultura Paraolimpica. Dimenticandosi di specificare che nei tre scatti previsti: primo piano, foto intera con la divisa e una in cui posare…nuda. Ero terrorizzata e la mia prima risposta fu un no deciso. Poi ci ho riflettuto e ripensato e così alla fine con Giulia Aringhieri, abbiamo accettato. Sono fatta così e adesso sono convinta di aver fatto una cosa giusta”. Infatti, dopo gli scatti con Giulia ha percorso la sua Treviso, dove abita, per finire tutti a cena in famiglia.

Giuliano Orlando