Impossibile la missione di Blandamura contro Murata?

Pubblicato il 13 aprile 2018 alle 21:59:45
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

I pronostici non concedono alternative ma gli italiani sperano che vengano smentiti. E sarebbe davvero clamoroso. Domenica alla Yokohama Arena di Tokyo, Emanuele Blandamura (27-2), 38 anni, nato a Udine ma cresciuto a Roma, già campione d’Europa, guidato dal team dei Cherchi (Salvatore, Christian e Alex) tenta sulla carta l’impresa impossibile: battere il giapponese Ryota Murata (13-1) campione medi WBA, oro ai Giochi di Londra 2012. Nella storia italiana, tra i medi, sono sette i pugili che hanno tentato di conquistare il mondiale su un ring straniero. Solo due ci sono riusciti, si tratta di Nino Benvenuti e Vito Antuofermo, mentre Oddone Piazza (1932), Tiberio Mitri (1950), Sumbu Kalambay (1988), Francesco Dell’Aquila (1991) e Agostino Cardamone (1995) hanno fallito. Il 17 aprile 1967 al nuovo Madison di New York, all’indimenticabile Nino Benvenuti, il biondo di Isola d’Istria, riuscì l’impresa, battendo un campione come Emile Griffith. Notte indimenticabile per milioni di italiani, incollati alla radio ad ascoltare la voce di Paolo Valenti per vivere in diretta la storica conquista.

In linea con la cecità governativa, venne vietata la ripresa televisiva, che a giudizio dei vertici politici, avrebbe portato una marea di assenze sul lavoro la mattina seguente. L’altro italiano a farcela, fu Vito Antuofermo, cresciuto all’ombra di New York, ma nato a Palo del Colle nelle Puglie, emigrato negli Usa, dove iniziò a menar le mani sulle strade della city, passando poi nello storico gym del Bronx, dove sono cresciuti tanti campioni, da Robinson a Tyson. Guidato da Rodolfo Sabbatini, promoter romano, il 30 giugno 1979 a Montecarlo nel Principato dei Ranieri, dopo 12 round cattivi e disordinati ebbe la meglio sull’argentino Hugo Corro che pure aveva scalzato un campione come il colombiano Rodrigo Valdez, il pugile che più ha fatto soffrire Monzon nelle due sfide iridate. I due fanno parte del club dei 13 italiani che conquistarono la cintura mondiale combattendo su ring stranieri. Toccò a Primo Carnera, il 29 giugno 1933 sul quadrato del Garden Bowl nel quartiere di Long Island a New York battendo l’ex marinaio Jack Sharkey ko al sesto round, inaugurare la serie. Passarono 34 anni, prima dell’impresa di Benvenuti e altri dieci, per esultare all’esplosione di Rocky Mattioli nato a Ripa Teatina la terra natale del padre di Rocky Marciano. L’abruzzese che si era fatto i muscoli in Australia, professionista a 16 anni, il 6 agosto 1977 a Berlino, cancellò il supponente Eckard Dagge, il biondo teutonico, rubacuori delle numerose fans, finito KO al quinto round, portando in Italia la cintura iridata superwelter WBC, davanti ad uno costernato pubblico per un risultato che solo i pochi italiani presenti auspicavano.


Nel 1979 fu la volta di Antuofermo di cui ho già riportato, mentre il 15 marzo 1986 sempre a Montecarlo, tocca a Patrizio Oliva, il campione che ha diviso l’Italia per la sua boxe sparagnina, dovuta ad un fisico gracile che nel tempo ha saputo sviluppare al meglio sotto le cure di Rocco Agostino. Oliva raccolse il testimone lasciato da Bruno Arcari, il guerriero cresciuto all’ombra della Lanterna di Genova, unico ad aver difeso ben dieci volte vittoriosamente il mondiale nei superleggeri. Oliva si batte come un leone contro l’argentino Ubaldo Sacco, che lascia all’italiano la cintura WBA. Tre anni dopo, il perugino Gianfranco Rosi, stakanovista del ring, 17 sfide iridiate, nessun italiano come lui, sul ring del Castle Trump Hotel di Atlantic City, spodesta Darren Van Horn dalla cintura IBF superwelter. L’organizzazione ha tra gli sponsor Donald Trump, padrone del casinò e attuale presidente USA. Un altro amministrato da Agostino, il romano Mauro Galvano, il 15 dicembre 1990 sempre a Montecarlo, affronta e batte l’ennesimo argentino Walter Matteoni e porta nella sua Marino la cintura supermedi WBC.

Vincenzo Nardiello, mancino talentuoso, una carriera fatta di luci e ombre, compie il capolavoro della vita il 6 luglio 1993 a Manchester, la città inglese fondata dai romani oltre 2000 anni addietro, battendo il sudafricano Thulani Malinga per il WBC. Sei anni dopo, il 7 agosto 1999, è il turno di Stefano Zoff, capelli color carota, di Monfalcone, una carriera all’insegna della generosità, capace di far saltare il banco a Le Cannet in Francia, dominando il beniamino di casa, Julien Lorcy, sotto lo sguardo incredulo dei fratelli Acaries, che avevano scelto l’italiano come sfidante di comodo. Nel 2003 tocca a Silvio Branco, detto il Barbaro, colpire ancora in Francia. A Marsiglia, domina Mehdi Sahnoune costretto alla resa all’11° round, per i mediomassimi WBA. Il 5 luglio 2004, un altro veneto, il mancino padovano Cristian Sanavia con Salvatore Cherchi, che a Chemniz in Germania sorprende tutti e batte Markus Beyer sfilandogli lo scettro supermedi WBC. Il dodicesimo della serie si chiama Emiliano Marsili, 41 anni, ancora in attività, civitavecchiese di nascita, il 20 gennaio 2012 va in Inghilterra a Liverpool contro Derry Mathews idolo di casa e titolare IBO leggeri, costretto alla resa al settimo tempo, dopo una battaglia intensa. L’ultimo in ordine di tempo è il romano Giovanni De Carolis, capace di battere a Offenburg (Ger) il locale Vincent Feigenbuts il 9 gennaio 2016 e conquistare il mondiale WBA supermedi. Nell’arco di 86 anni (1932-2018) in assoluto, si sono svolti 225 incontri con gli italiani protagonisti, che hanno visto impegnati 81 pugili di casa nostra.Blandamura e il 62° italiano che combatte all’estero con un mondiale in palio. In passato a tentare su ring stranieri di conquistare un titolo mondiale ci hanno provato 48 italiani, compresi grandi campioni come Caprari, Mitri, Loi e Parisi. Come già detto, solo 13 l’hanno spuntata. La trasferta di Blandamura in Giappone è la settima di un italiano. Prima di Blandamura, inutilmente ci hanno provato Lopopolo (1967), Bossi (1971), Tiberia (1972), Bertini (1973) oltre a Maludrottu (2008) e Boschiero (2011), che subirono due scippi clamorosi. Il primo italiano a tentare l’impresa fu il vicentino Odone Piazza, trasferitosi negli Usa da dilettante. Debutto fulminante, dopo 13 incontri con 12 vittorie, il 25 gennaio 1932 a Milwaukee (Usa) affronta Gorilla Jones per la vacante cintura NBA medi. Troppo il divario di esperienza e Piazza si arrende al sesto tempo. Tra i tentativi falliti ricordiamo Mitri contro La Motta (1950) a New York, Loi nel primo confronto con Ortiz a S. Francisco (1960), Parisi con Chavez a Las Vegas (1995), Zanon contro Holmes (1980) sempre a Las Vegas, oltre a Camputaro, Gigliotti, Efrati, Servadei, Campanella (tre volte), l’aretino Rosi, Puddu, Casamonica, La Rocca, i fratelli Duran, Antuofermo, Tiberia, Bertini, Ciarlante Kalambay, Gianluca Branco, Preciso, Del Papa, Traversaro, Zoff, Aurino, Larghetti, Magi, Rinaldi, Beya, Fragomeni, Cardamone, Piccirillo e Messi. Blandamura prova a entrare nel club col numero 14.

Articolo scritto da Giuliano Orlando