Ricordo di Gigi Rovelli, l’artista che trasformava le sale vuote in palcoscenici per la boxe

Pubblicato il 27 luglio 2021 alle 17:00
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

A Roma, una dozzina di anni addietro, nella sala ristorante, ormai vuota, con i camerieri che portavano via gli ultimi piatti e bicchieri, Gigi si alza, prende una banana e mi saluta. “Ci vediamo domani mattina alle 9, facciamo colazione e partiamo per Milano”. Era la sera, meglio la notte visto che l’orologio segnava le 2 del mattino del 16 maggio 2009. Qualche ora prima al Gran Teatro di Roma, era andato in scena uno dei match più drammatici dell’anno. Giacobbe Fragomeni aveva difeso la cintura WBC dei cruiser, strappando un pareggio contro lo sfidante Krzyszto Wlodarczyk, gigante polacco che lo sovrastava di oltre 10 cm. Nel nono round, aveva spedito l’italiano al tappeto con un destro bomba alla mascella, che avrebbe fulminato un toro. Fragomeni, mise un ginocchio sul tappeto, ascoltò l’arbitro e all’otto trovò la forza di rialzarsi, chiudersi in difesa e pur soffrendo, resistere alla prevista bufera di pugni che lo sfidante scaricava, deciso a vincere prima del limite. Al suono della decima tornata l’italiano dimostra un recupero incredibile e addirittura mette in difficoltà l’avversario, impreparato alla riscossa di Fragomeni. Che si concluderà al gong della dodicesima ripresa, col campione in attacco. Il pari non regala nulla all’italiano anche se all’angolo del polacco si sprecano i malumori. Di fatto un match di grande intensità e spettacolo. L’indomani, come convenuto, imbocchiamo il raccordo diretti all’autostrada che dovrebbe portare a Milano. Uso il condizionale, perché una volta presa la A1 e percorsi parecchi km. noto che la direzione indica Napoli. Lo faccio notare a Gigi, che mi risponde di non preoccuparmi, essendo ancora sul raccordo, a breve avremmo trovato la direzione giusta. In questa attesa si parlava della battaglia pugilistica della sera precedente, valutandola tra le più spettacolari. A farla breve, per andare effettivamente a Milano, siamo usciti a Colleferro, rifacendo in senso contrario altri trenta km. e ritrovarci al punto di partenza. Non solo, giunti sulla direzione giusta, alle porte di Roma, abbiamo fatto una sosta per degustarci un caffè. Questo era Gigi, che faceva della distrazione una sana abitudine. Parlo di Gigi Rovelli, che ha svolto per decenni il ruolo di responsabile della parte organizzativa di centinaia di riunioni in tutta Italia, alternando le sue prestazioni dai Cherchi a Loreni, che tra un rabbuffo e l’altro ne apprezzavano la professionalità. Puntuale, arrivava il giorno prima dell’evento, con la macchina stracarica, e magicamente trasformava il vuoto e il disordine composto da centinaia di attrezzi: tubi, corde, paletti, prese di ogni misura, tappeti per il ring, passatoie, poltrone e poltroncine, panche e chi più ne ha, più ne metta, quasi magicamente e nel tempo previsto, il giusto palcoscenico per dare inizio alla recita in guantoni, ovvero una serata di boxe. Con la sua parlata roca e lombarda, senza alzare troppo la voce, recitava un racconto che conosceva a memoria. Ai primi di giugno, l’amico Gigi ha chiuso gli occhi per sempre, ha lasciato le sue battute ai ricordi per i tanti amici, e ne aveva in tutta Italia, la sua passione per la boxe ma anche per la pesca, esercizio che mi assicurava essere uno in gamba e anche l’amore per Cuba, la terra dove aveva trovato qualcosa che tutti sognano, ovvero l’amore. Che poi fosse durato meno del previsto non ha importanza, quando me ne parlava gli brillavano gli occhi e capivi che almeno per un certo tempo era stato felice. Un buono nel senso più completo del termine, prendeva tutto con filosofia e sapeva trovare il lato positivo anche quando era il contrario. Il viaggio che ho raccontato prima, è significativo. Invece di tornare più fretta verso Milano, andava meglio una sosta per il caffè. “Pronto, sono Gigi vado a preparare la riunione di Mantova, al ritorno vuoi venire con me?”. Un ritornello di cui sentirò la mancanza. Amico e compagno leggero di viaggio, al contrario della massiccia corporatura, che portava con disinvoltura. Qualche segnale del malessere ogni tanto si faceva sentire. Ma lui non ne faceva un dramma. Ci sorrideva sopra, come fosse il miglior medicinale per la cura ideale. Era ricoverato in una struttura ospedaliera a Milano, ma pensava fosse una sosta temporanea, tanto che aveva chiesto a Loreni, quando avrebbe allestito la prossima riunione. Me lo dice Mario con tanta tristezza. Ciao Gigi e mi raccomando, quando il Dio del creato ti incarica di un trasporto sulla nuvola degli sportivi, non andare in quella delle signore. Potrebbero offrirti un caffè e faresti saltare la riunione celeste.

Giuliano Orlando