F1, viaggio alla scoperta dei luoghi del Mondiale

Pubblicato il 15 marzo 2019 alle 19:21:05
Categoria: Pit Lane
Autore: Fabio Parolin

Quel che è fatto è fatto. I test sono finiti e dopo un lungo inverno ricominciamo il nostro viaggio intorno al mondo, com’è ormai consuetudine la prima tappa è l’Australia. Dove, oltre a canguri e koala, c’è molto di più.

La brezza dell’oceano, un barbecue all’aperto e una delle rinomate birre locali per riprenderci dalle (infinite) ore di aereo. Eccoci catapultati nella Land Down Under. No, non siamo a testa in giù, ma all’altro capo di quello sferoide oblato comunemente chiamato Terra. Australia, più precisamente Melbourne. Città multietnica e capitale culturale del paese, eletta per molti anni “città più vivibile al mondo”. Dicevamo, canguri (sono il doppio rispetto alla popolazione umana), koala (purtroppo molti meno) e… cammelli. Avete capito bene, cammelli, ne vivono più di 1 milione in Australia, può sembrare strano ma quasi il 20% del territorio australiano è coperto da deserti e pensate che l’Arabia Saudita ne sta comprando in massa per ripopolare i suoi. Ma l’animale del momento in Australia è un piccolo marsupiale chiamato quokka, definito “animale più felice del mondo”, che è diventato popolare nei social come compagno ideale con cui scattarsi un selfie. L’Australia pullula di animali di ogni tipo, basta allontanarsi pochi chilometri dal centro di Melbourne, ed ecco apparire dei pinguini. Le spiagge a sud della città, oltre che di surfisti, sono popolate da una particolare specie di pinguini nani, che evidentemente se la passano bene anche sotto i 25 gradi dell’estate australiana (già, qui è ancora estate).

Volete godervela anche voi? Potete fermarvi in uno dei tanti bar di Federation Square, il vero cuore pulsante della città, fare una crociera lungo il fiume che taglia in due la città oppure, se siete appassionati del settore, fare rotta verso la zona collinare alla periferia di Melbourne, rinomata per cantine e vigneti. Sicuramente troverete il vostro vino preferito, ma andateci piano se alla fine di questo “giro turistico” avete in programma di assistere al Gran Premio, o non riuscirete più a distinguere le Ferrari dalle Mercedes…Meglio tornare alla Formula 1. A discapito del termine slang Big Smoke (riferito all’inquinamento) con cui gli australiani definiscono le proprie città, Melbourne fa dello sport e del verde le sue attrattive principali. Proprio sulle strade di uno dei parchi cittadini, l’Albert Park, è stato ricavato il circuito di Formula 1. Quando non ci sono gare, oltre a guidarci, stando attenti a non investire uno dei cigni neri che popolano il laghetto all’interno del circuito, potete anche visitare i box, che durante l’anno diventano delle vere e proprie cattedrali nel deserto (anzi, nel verde) e vengono usati come palestre. Inoltre, il circuito è circondato da palazzetti e impianti sportivi di ogni genere: campi da calcio, tennis, cricket, rugby, football australiano e anche un campo da golf. D’altronde l’Australia può vantare una grande tradizione sportiva, anche automobilistica. Melbourne non è l’unica città australiana che ha ospitato il Gran Premio. Dal 1985, anno della sua entrata in calendario, per 11 edizioni la gara si è svolta ad Adelaide: altro parco, altro circuito cittadino, forse più spettacolare... Il paese ha anche dato i natali a 14 i piloti che hanno corso in Formula 1, ben due di questi sono diventati campioni del mondo: Jack Brabham (3 volte) e Alan Jones (1), i quali si sono anche meritati l’intitolazione di una curva dell’Albert Park. Altri due aussies, in epoca più recente, sono riusciti a trionfare in almeno un Gran Premio: Mark Webber e Daniel Ricciardo, con quest’ultimo che può ancora migliorare le proprie statistiche, anche se da questa stagione dovrà tentare di farlo al volante della (solo il tempo ci dirà quanto competitiva) Renault.

Se le cose per Daniel non dovessero andare come spera nella sua nuova avventura, siamo sicuri che un selfie con un quokka potrà ridargli il sorriso che aveva perso negli ultimi tempi alla Red Bull.

A cura di Fabio Parolin (@fabioparo90)

 

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