Europei a Belgrado: splendide vittorie di Canonico e Lizzi.

Pubblicato il 21 aprile 2024 alle 22:04
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 

Europei a Belgrado: splendide vittorie di Canonico e Lizzi.

Giannotti impegna il russo Mamedov. Oggi debuttano le donne, Nicoli e Canfora sul ring.

di Giuliano Orlando

BELGRADO. Al quinto degli europei, il bilancio è di due vittorie nette e splendide di Canonico e Lizzi e una sconfitta di misura di Giannotti contro uno dei più forti russi. La giornata ha visto subito impegnato il siciliano Giuseppe Canonico nei 57, contro il mancino croato Prkacin, e fin dai primi scambi si è capito che il vantaggio stava dalla nostra parte. L’avversario puntava tutto sul sinistro d’acchito, ma aveva sbagliato i calcoli, venendo sempre anticipato dal destro dell’italiano e infatti al secondo round il croato si trovava sulla traiettoria e finiva kd. L’arbitro avrebbe dovuto ripetere il conteggio poco dopo, ma soprassedeva e si limitava a considerarla una scivolata. Su un pugno. Ormai forte del vantaggio di due 5-0, Canonico nella terza si limitava al minimo sindacale, senza rischiare nulla, pur vincendo anche l’ultima ripresa. Nel complesso una bella prova, dimostrando ottima tenuta e la giusta concentrazione. Giuseppe Canonico, classe 1996, nato ad Avola nel siracusano, l’aria del ring iniziò a respirarla a cinque anni. “C’era il maestro Fascetta Giuseppe che mi faceva giocare, mettendomi i guantoni e insegnandomi a tirare il sinistro. Nel tempo è stato uno dei colpi fondamentali per la mia boxe classica e lineare. Debutto nel 2009 a 14 anni, tra gli schoolboy vincendo il primo titolo italiano, raggiungendo il vertice senza soluzione di continuità anche da jr e youth, passando nel frattempo al gym Eagle Boxe sempre ad Avola. Nel 2014 mi convocarono per i mondiali youth, allestiti a Sofia in Bulgaria. Persi all’esordio contro il pugile di Taipei con un verdetto di 2-1 che mi è sempre rimasto sullo stomaco, ritenendolo ingiusto. Nel frattempo ho continuato a studiare diplomandomi in ragioneria. Quando chiudo con la boxe intendo arrivare alla laurea orientata sulla scienza dello sport e magari aprire una palestra per insegnare ai giovani il pugilato”.                                                                                                                                                                         

  Il rapporto con la famiglia?                                                                                                                                                              

   “Da sempre fondamentale, in particolare mamma Carmela, la mia prima fan. Quando sono in crisi rappresentano la mia salvezza. Per un infortunio mi sono fermato per oltre sei mesi tra la fine del 2022 a metà del 2023 e loro mi hanno sostenuto alla grande. Dal 2019 faccio parte con orgoglio delle Fiamme Azzurre dove tra gli altri ci sono Russo e Mangiacapre, due campioni esemplari”.                                                                        

Hai vinto tre volte il titolo assoluto, eppure hai qualche rimpianto. Perché?                                                                        

“Semplice, ritengo che almeno in due finali, mi spettava la vittoria andata al mio avversario. Comunque va bene anche così. Ho pure conquistato il torneo Under 26 nel 2022 a Roma, nell’unica edizione disputata.                                                

 Un dispiacere? 

                                                                                                                                                                                  “Aver perso l’opportunità di tentare la qualificazione per Parigi, comunque mi prenoto per Los Angeles 2028, perché le Olimpiadi sono il traguardo più ambito per ogni pugile, al di sopra dei premi che si assegnano ad europei e mondiali. I Giochi non hanno prezzo”.                                                                                                                                                  

   Caratterialmente come ti consideri?                                                                                                                                                    

“Un timido, che grazie alla boxe ha superato l’ostacolo e adesso posso considerarmi un compagno di tutti, col sorriso e la dialettica giusta”.                                                                                      

Negli 86 toccava al calabrese Vincenzo Lizzi opposto al romeno Andrei Aradoaie, più alto e anche più esperto. Lizzi si è preparato nel gym storico dello zio Ercole Morello a Fuscaldo, che ha fatto un lavoro eccezionale, trasformandolo da arruffone, che avanzava senza tattica, ad un attaccante con una precisa scelta tecnica. Al romeno non dovevi concedere la media distanza altrimenti la sua boxe monotona ma efficace, avrebbe avuto la meglio. L’azzurro con all’angolo Oliva e la Testi, ha eseguito alla perfezione la tattica giusta, aprendosi la strada col sinistro e subito dopo il destro esterno contro un avversario più alto, ma anche più esposto. Così per due round foto copia, ad altissimo ritmo, giustamente premiati dai giudici, che gli assicuravano la vittoria, salvo imprevisti. Al terzo tempo il romeno, consapevole di essere indietro ha cercato in ogni modo di capovolgere la situazione, trovando quasi sempre le pronte repliche, al punto che anche nel round finale, il 3-2 premiava l’azzurro. Complimenti per una vittoria netta, che alla vigilia poteva anche sorridere al danubiano. Va ricordato che nella lunga carriera del romeno figurano gli europei Under 22 e una vittoria sul russo Gadzhimagomedov, attuale campione del mondo nei 92, battendo a Tansket in Uzbekistan lo scorso anno il nostro Muhiidine, meglio sarebbe dire ottenendo una vittoria politica, anche se il ring aveva chiaramente detto che l’azzurro si era imposto in modo chiaro. Dopo il successo, l’azzurro ha tirato un sospiro di sollievo: “Mi sembra incredibile aver potuto combattere, dopo 14 mesi, lungo i quali i guai sembravano non finire mai. Prima è arrivata la mononucleosi che mi ha stoppato mesi e mesi, poi al debutto da pro a Merate, lo scorso gennaio, l’avversario georgiano, al primo pugno si è arreso, con la scusa che si era slogato la caviglia, per cui praticamente non ho combattuto. Per finire, da una settima ho la dissenteria che non mi vuol lasciare. Ma avevo una tale voglia di salire sul ring che ho gettato via ogni problema, cercando di mettere in pratica quello che mio zio mi aveva insegnato.  Ci sono riuscito e questa vittoria è un toccasana speciale. Il prossimo avversario è un armeno che ha battuto ai vantaggi lo slovacco.  Lo aspetto serenamente e farò il possibile per vincere e portare all’Italia una medaglia. In fondo sono un debuttante agli europei e se mi riesce il colpo sono strafelice e orgoglioso”

Nei 63.5 l’emiliano Giacomo Giannotti ha incrociato l’espertissimo russo Gamil Mamedov, prima testa di serie, 31 anni e 285 match all’attivo. L’azzurro lo ha affrontato senza alcuna remora, tenendolo lontano e replicando alle sfuriate del russo. Nel computo dei pugni a bersaglio il sinistro dell’azzurro ha prevalso, mentre i montanti di Mamedov, era sicuramente più efficaci. Così per tre riprese dove è apparsa chiara la sudditanza dei giudici nei riguardi dei russi. Non è malafede ma una specie di riflesso condizionato, rispettato in tutti i match dove combatte un russo. Per fare un esempio, nella sfida nei 57, il mancino azero Akerov aveva tenuto botta e portato più pugni a bersaglio del russo Savvin, ma la giuria imperterrita ha assegnato il 5-0 per il russo, assegnandogli tutti i round. Solo un esempio, che pesa, perché la Russia è la stragrande favorita nella maggior parte delle categorie, se poi giudici fanno l’inchino e dicono prego si accomodi, è inutile lottare.  Giannotti in un bilancio generale aveva perso, ma in un altro contesto poteva starci il risultato a maggioranza. “Nulla da dire sul verdetto finale, non accetto che secondo i giudici sia stato un match a senso unico. Mamedov ha martelli nelle mani e quando arrivava mi faceva veramente male, ma io non sono stato a guardare, l’ho preso tante volte col sinistro e anche qualche destro l’ha centrato in pieno. Nella seconda un giudice ha avuto il coraggio di uscire dal coro e mi ha dato la ripresa, nell’ultima addirittura in due. Allora, mi chiedo perché gli altri sono stati pecoroni e hanno seguito il gregge. Questo l’unico dispiacere, per il resto ho disputato un signor match contro un avversario che mi sovrastava in esperienza e furbizia. Esco dagli europei a testa alta, consapevole di aver fatto esperienza utilissima e sperando di combattere più spesso. Un grazie ai maestri che mi hanno guidato al meglio, sia della mia società che quelli di Assisi”.                                                                                                                                                                   

 Va dato atto ai tecnici di aver portata la squadra al top della condizione atletica e mentale. Vittoriosi o sconfitti, nessuno si è tirato indietro e questo fa onore alla squadra e a chi li accompagna.                                                                 

 Lunedì 23, inizia l’europeo femminile e due azzurre salgono sul ring. Assunta Canfora (63) incrocia i guantoni con la slovacca Tamara Kupalova e chi vince trova l’armena Sonia Harutyunyan, la seconda testa di serie. L’azzurra è reduce dall’ottima vittoria a Baku in Azerbajan, peccato stia pagando una costipazione che la tormenta da settimane. Giunta alla quarta esperienza europea è determinata a dare il meglio e conquistare il podio.  Sarebbe un bel traguardo per questa napoletana di Miano, la meno giovane della squadra al femminile, dopo aver assaggiato una marea di discipline sportive, senza entusiasmo e quindi averle abbandonate in tempi brevi, scelse la boxe seguendo il fratello Vincenzo in palestra: “Avevo già 23 anni – ricorda – e la bilancia segnava qualcosa come 92 kg. Mamma le aveva provate tutte per orientarmi allo sport.  Io ci provavo e dopo una settimana me ne andavo, stufata e insoddisfatta. La boxe fu una scoperta incredibile, amore folle e quindi ci restai e iniziai sul serio”.  Stavolta si presenta la grande occasione per mettere al collo non solo i titoli tricolori, ma anche il sospirato alloro continentale. L’altra azzurra impegnata è la mancina lombarda scoperta dal maestro Gianni Birardi, che ha già l’esperienza dei Giochi di Tokyo. Fallita per situazioni fortuite e sfortunate la qualificazione per Parigi, gioca la stagione a Belgrado. Debutta contro la turca Gizem Ozer, avversaria impegnativa ma non proibitiva. Il bello arriverà il giorno dopo,  con l’irlandese Harrington, già qualificata per Parigi, oro a Tokyo e ai mondiali, soggetto onnnivoro e incontentabile, visto che la trentina l’ha superata da un pezzo. La nostra alfiera è ben lungi dal sentirsi vittima. L’ha incontrata ai Giochi di Tokyo, non al meglio. Questa potrebbe essere l’occasione di una clamorosa rivincita. Le qualità le ha e deve provarci in ogni modo.

Giuliano Orlando 

    

Molto apprezzato il lavoro silenzioso e prezioso svolto dal fisioterapista Edoardo Capitanucci, che rimette a nuovo i muscoli della squadra, stressati dopo allenamenti e incontri, compresi quelli del sottoscritto, sollecitati dalla bellezza del grande parco che circonda l’Hotel Jugoslavia, complesso storico, che ospitava gli ospiti di riguardo al tempo del maresciallo Tito. Ristrutturato e adeguato alle esigenze odierne, restano evidenti i segni del tempo, nonostante lo spreco di marmi all’interno. Per contro il panorama che lo circonda è stupendo. A cominciare dal lago artificiale, dove si allenano le nazionali di canoa e canottaggio. Sulle rive, operano piccoli e graziosi Bread & Best, oltre a jogger e famiglie che popolano la distesa verde con giochi e percorsi misurati. In occasione degli europei, le oltre 800 stanze hanno ospitato una ventina delle nazioni presenti compresa quella italiana.