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Ciclopedia Balcanica. Draga e le 50 notti. Tracce d’amor perduto
Oltre 2000 km. con Draga la bici pieghevole attraverso Romania, Bulgaria e Grecia. Un viaggio che ricorda Le mille e una notte – Carla Alexia Dodi – Ciclopedia Balcanica. Draga e le 50 notti. Tracce d’amor perduto – Ediciclo editore - Pag. 208 – Euro 17.00.
di Giuliano Orlando
Tutta colpa o per merito del Covid, che l’autrice compie un viaggio indimenticabile con la fida Dagran, la bici pieghevole con la quale dialoga e discute. Capace di reggere per oltre 2000 km. partendo dalla Romania dove insegna italiano e nel contempo frequenta online la facoltà di geologia, fino alla Grecia, attraversando la Bulgaria. Il disegno nasce nel periodo più buio del lockdown, quando professori e allievi scompaiono giorno dopo giorno, tornando alle sedi d’origine. Al pensionato Godeamus, dove risiedono, restano in pochi e ogni venerdì sera si cerca di dimenticare la situazione facendo festa. Ognuno con le proprie personalità e i non pochi problemi. Leonardo è un genovese nemmeno trentenne, che studia per raggiungere il dottorato in meccanica celeste, mentre la giovane mamma lo aspetta, come la storica fidanzata a sua volta laureata come lui in matematica. C’è pure Czeslaw, professore di polacco, lingua che insegna da anni, il più anziano al Gaudeamus e che non sembra avere alcuna intenzione di muoversi. Sguardo sornione, plastico, da gatto, Cedrik è un belga che insegna francese. La sua camera confina con quella di Carla Dodi e lei lo sente tossire da anni. Muso da ermellino e un fare di velluto che rasenta l’ambiguo. Corteggia tutte le ragazze, ma ogni storia finisce in tempi brevi. “Solo con me non ci ha provato” confessa. Ahmed è un fisico algerino, sempre sorridente sotto gli occhiali scuri, nonostante problemi pesanti in famiglia. La madre ha il cancro e ha le tasche vuote. Ad aiutarlo Leonardo e anche Sultana, la docente di greco moderno. Descritta con queste parole: “E’ un’onda di capelli biondo rame, muscoli da contadina e tette alla Jessica Rabbitt. Beve birra e palinca, un brandy forte, distillato con frutti romeni, molto popolare in loco”. Questa Sultana l‘ha colpita oltre la fantasia: “Evoca una matrona dalle carni copiose e molli, un erotismo antico. E poi danza con grazia e malizia inconsapevole”. Torna in Grecia reclamata dalla sorella per curare il padre ammalato, rinunciando al promesso ritorno. Ma si rivolge a Dodi dandole appuntamento in Grecia. Che sia questo a farle prendere la decisione dell’impresa? L’autrice non lo dice, ma il resto del racconto è un filo dorato che conduce da Sultana. Si chiude il primo capitolo e inizia il viaggio sulla carta impossibile, usando una bici in miniatura, che tratta alla pari di una sorella e amica. Ogni tappa è un acquarello sentimentale e poetico. La descrizione e i cambiamenti sono piccoli gioielli che sgorgano dalla vena di una viaggiatrice che la famiglia ha cercato invano di osteggiare, ritenendola una vocazione senza nesso logico, fuori dal tempo e del buon senso. A cominciare dal padre, la cui severità ha pesato sulla crescita e anche nelle decisioni contro corrente. Armata di una tenda e poche altre cose, tra cui il libro “La tregua” di Primo Levi, ignara del minimo indispensabile su eventuali intoppi a cominciare da come riparare la gomma in caso di bucatura, avanza sempre più fragile ma ancor più tenace. Da Jasi al monastero di Dobrovat e poi a quello di Adam, con monache gentili e curiose, ma anche intermezzi nei ricordi della fanciullezza e qualche spruzzata di desideri non nascosti. Da Galati la città, alla sosta al villaggio di Smardan, dove trova ospitalità completa e gratuita. Tutta la Romania è un ritorno ad un viaggio fatto in precedenza, rodaggio in attesa dell’ignoto. La Bulgaria è in chiaro e scuro. Una nazione che cerca il futuro dopo l’oscuramento sovietico. Infine la Grecia, dove ritrova Sultana e le sensazioni tenute dentro per giorni e giorni. Il sogno dura poco più di una serata, ma è infinito. Il senso del viaggio è concluso. Le ultime tappe da Salonicco fino all’imbarco con la fida Draga, rappresentano il Te Deum di ringraziamento, anche se costano sudore e fatica, freddo e ruzzoloni. Grevena e Meteoran per le voci di Arben e Vera sono il commiato con l’aiuto di un’auto amica che conduce a Igoumenitsa, un paesotto lungo e stretto che termina al porto. A Bari piove, ma Dodi e Draga sono a casa. Anche se una voce interiore, quella del padre sottolinea “Il solito Cirillo Schizzo” e le sorelle aggiungono: “Alla tua età”.
Giuliano Orlando