Boxe, Italia deludente ai mondiali femminili

Pubblicato il 21 novembre 2018 alle 18:48:36
Categoria: Boxe
Autore: Michele Nardi

Le nove azzurre che hanno preso parte alla decima edizione dei mondiali femminili in corso a New Delhi (India) tornano a casa prima delle semifinale, ovvero all’assegnazione delle medaglie. Sulla carta il responsabile tecnico Emanuele Renzini poteva contare sulla migliore formazione come mai in passato. Quando a questa rassegna partecipavano poche unità italiane, comunque spesso in grado di conquistare almeno un podio. Stavolta, come era accaduto nel 2016 ad Astana in Kazakistan, dove l’Italia aveva portato sette titolari e si era salvata, grazie al miracolo di Alessia Mesiano, oro insperato e per questo tanto importante. In India, delle nove azzurre, oltre alla Mesiano a giudizio dei tecnici, si doveva contare su Irma Testa che aveva giù preso parte all’edizione 2016, come la Severin, europea in carica. Ma qualche ambizione dovevano covare la De Laurenti (54) e la Canfora (75) bronzo europeo. La Carini (69), la più giovane del gruppo, classe 1998, si era conquistata il posto all’ultimo momento, dopo un intervento al ginocchio che l’aveva fermata per diversi mesi. Idem per Alessia Mesiano, tartassata da incidenti vari. Si sperava che la Amato nei 64 kg. rispuntata al Guanto d’Oro, dopo anni di silenzio, potesse essere la sorpresa azzurra. La Bonatti (48) ha trovato al debutto l’ucraina Okhota, in grande forma e ha perduto netto. La Mostarda (51) conferma la difficoltà a compiere il salto di qualità, non tanto sul piano tecnico, avendo buoni fondamentali, quanto agonistici e caratteriali. Dopo aver battuto la modesta serba Radovanovic, si fermava contro la canadese Hagnighat, non certo una predestinata, col pregio di averci messo muscoli e cuore, mentre l’italiana si limitava a svolgere il compitino senza avere quella rabbia che ci vuole sul ring. Stesso discorso per la De Laurenti, andata in confusione totale contro la Acevedo del Costa Rica, una che fa rissa e ha fegato. La Amato (64) debuttante di 30 anni, ha trovato la cinese Dou, decisamente superiore e non c’è stato nulla da fare. Assunta Canfora, salita nei 75 per far posto alla Carini, che nei test è parsa più brava, non è stata fortunata. Il cioccolatino inglese Gale, 30 anni, che la sovrastava in allungo e altezza, campionessa europea 2016, rientrata dopo uno stop per incidente, non le ha mai permesso di accorciare le distanza e ha vinto senza problemi. Restano le quattro sulle quali si nutrivano alla vigilia speranze concrete.

Irma Testa, nata il 28 dicembre 1997, ormai vicino ai 21 anni, sul cui talento nessuno dubita, ha confermato che al momento è ancora lontana da quella maturità caratteriale che serve nelle élite dove la avversarie sono determinate, cattive e non rispettano certo il trionfale passato giovanile delle avversarie. Nel 2016 ad Astana, battuta dalla svedese Alexiusson all’esordio mondiale, si era detto che aveva pagato lo scotto di un torneo tanto importante, dimenticandoci che la svedese di un solo anno più anziana, dopo il titolo europeo youth 2014 ad Assisi, aveva combattuto molto ma perduto spesso contro le migliori. Ma nel 2017, al torneo Strandja a Sofia, aveva ribattuto l’azzurra, a significare che il sorpasso non c’era stato. A New Delhi i tecnici assicuravano che Irma era in ottima condizione, che nello stage di Mosca aveva messo in difficoltà la Belyakova, europea 2014, argento europeo e mondiale 2016, quindi pronta all’esame iridato. Purtroppo contro la non certo irresistibile inglese Murney, dopo un buon primo round, tirava i remi in barca, limitandosi allo stretto necessario e tre giudici la punivano, facendola uscire dal torneo! Giusto o meno il verdetto, se la Testa non capisce che per vincere occorre anche soffrire e prendere qualche colpo in più, ma restituirli con gli interessi, ovvero gettare alle ortiche titubanze a paturnie, il curriculum jr. e youth, difficile si ripeta tra le elite. Che poi ci siano i soliti imbarazzanti esperti di giornata che incolpano tutto e tutti e hanno le soluzioni in tasca, pur non avendola mai vista nei tornei e assistito agli allenamenti, è solo aria fritta. Irma è un talento, ma anche la responsabile del suo destino. Il giorno che capirà di dover dimenticare il passato facile, ma mettersi a faticare e sputare sangue, potrà rimettersi in sella. Se prosegue su questa strada resterà una delle tante e sarà un vero peccato. Visto che l’ho seguita da anni in diretta, so benissimo che quanto affermo è impopolare, ma preferisco una sincera scomoda verità ad un bugia diplomatica. Alessia Mesiano (57) al contrario ci ha messo il cuore, ma per salire sul podio mondiale non bastava. L’ha sfiorato e ha lottato con tenacia e determinazione, ma la condizione era decisamente modesta. Ha battuto la turca Yldiz e non era facile, poi la vice campionessa europea, l’irlandese Walsh spremendo tutto. Contro l’olandese di Curacao, Betrian, proveniente dalla Kick e dalla Mui Tai, dalla notevole forza muscolare, ha sfiorato l’impresa.

Ci ha pensato l’arbitro giapponese Sasaki, con un richiamo scellerato e gratuito, purtroppo determinante a facilitare il successo della tulipana di colore. Angela Carini, campana di 20 anni, a sua volta molto talentuosa e premiata tra jr. e youth, ha trovato la promozione ai mondiali, bruciando le tappe, dopo la sosta forzata per l’intervento al ginocchio. Ha debuttato contro l’argento mondiale 2014, l’inglese Ryan, prendendosi anche la rivincita dalla sconfitta di pochi mesi addietro, confermando di avere gli attributi. Contro la cinese Gu, dieci anni più anziana e argento uscente, non ha certo sfigurato. Una sconfitta più che onorevole, che significa molto in proiezione futura. Perché Angela è una che se si allena forte, tra una stagione sale ai vertici. Ma non dove pensare che i giudici l’hanno sacrificata. Piuttosto deve guardare al futuro. Infine, Flavia Severin la +91, che ha perduto l’opportunità della vita sportiva. Il sorteggio la vedeva contro la turca Demir e la russa Tkacheva, battute entrambe agli europei di giugno in Bulgaria, con una condizione non al top. Stavolta si era allenata come non mai. Al debutto contro la Demir sembrava la brutta copia di Sofia e la turca l’ha dominata da cima e fondo. Che delusione. Così è finita l’avventura azzurra, con la squadra sulla carta, più forte di sempre. Certo, le responsabilità non sono solo delle atlete, tutto lo staff ha fallito. C’è chi sostiene che sarebbe indispensabile un nutrizionista, in una disciplina come la boxe, dove la bilancia è un incubo. Giusto, giustissimo. Ma allora la Severin che milita nei +81, perché ha deluso. Anche uno psicologo ci vorrebbe. Poi ti guardi attorno e scopri che la Russia, che si è preparata con un equipe corredata da ogni necessità e ben 40 atlete a disposizione, arriva alle semifinali con una sola atleta! Sarebbe facile dire che il mondo femminile resta sempre un mistero. Io la pensa in un altro modo. Sul ring di New Dehli ho vinto vincere atlete col pugnale tra i denti e gettando cuore e muscoli oltre l’ostacolo. Le azzurre erano belle, eleganti e gentili. Anche sul ring. Forse non conoscono la fame del successo.


Giuliano Orlando