Boxe, il cammino azzurro dal Kazakistan, Thailandia, Indonesia e Russia, pensando ai mondiali

Pubblicato il 29 luglio 2019 alle 22:09:46
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport

Anche se la situazione a livello AIBA non è ancora del tutto definito, tutte le nazioni si attivano in proiezione Giochi di Tokyo 2020. L’Italia non fa eccezione. Come nei precedenti, anche il mese di luglio ha visto azzurre e azzurri impegnati in vari tornei internazionali. Purtroppo la sintesi fornita dal sito ufficiale, non mi ha permesso di capire l’effettivo iter delle manifestazione, per cui è stato giocoforza cercare il completamento delle informazioni, attraverso la ricerca dei risultati torneo per torneo. Operazione non difficile, ma sicuramente di pazienza. Che spero sia di utilità e apprezzamento da parte degli appassionati del pugilato dilettantistico. Tra l’altro non era stato dato il nome degli avversari in finale del torneo in Kazakistan di Baldassi, Cavallaro e Fiaschetti, li ho cercati e trovati.

Iniziamo proprio dai 5 youth: Michele Baldassi (51) il campano che nel 2018 vinse gli europei jr., Emanuele Santini (60), Ilas Remus Costantin (64), Salvatore Cavallaro (69) e Vincenzo Fiaschetti (+91), guidati da Sumbu Kalambay, al torneo  “Aitenov Brothers” di Kostanay City, città al Nord del Kazakistan, non lontano dal confine russo.  Oltre alle rappresentative kazake, che hanno portato squadre regionali, presenti il Kirghizistan, il Tajikistan, la Russia e l’Italia. Baldassi, contrariamente a quanto è stato scritto, non ha perduto per WO la finale. Il pugile si è presentato sul ring, contro il locale Belgibaev, fermandosi dopo il primo round per un problema alla mano destra. In precedenza aveva battuto Atjigit (Kaz) 5-0 nei quarti e Idrisov (Kaz) in semifinale. Il leggero Santini ha debuttato battendo il tagiko Sharpov (5-0), quindi il kazako Kirgineev (5-0), in semifinale di fronte a Imnamazarov il 3-2 per il kazako è stato un regalo della giuria al pugile di casa. Un bronzo che poteva tramutarsi almeno in argento. Il superleggero Costantin Remus Ilas inizia bene, battendo Serikuli (5-0), nei quarti trova Boranuli, vincitore del torneo, e pur lottando con coraggio deve lasciargli il passo. Un solo giudice, il russo, lo vede avanti, gli altri quattro preferiscono il kazako. Salvatore Cavallaro (69), è stato il più spettacolare degli azzurri a avrebbe meritato largamente l’oro. Iniziava costringendo all’abbandono Chiyanov (Kaz) e in semifinale superava nettamente il favorito russo Nikitin (4-1). Nel match di finale manteneva sempre il comando delle operazioni, giocando di rimessa, ma 3 giudici premiavano Amangeldi (Kaz), che conquistava il primo posto senza essere il migliore. Nei +91, (solo tre iscritti) il romano Vincenzo Fiaschetti, entrava direttamente in finale, affrontando il kazako Aytmirza, finito KO al secondo round, su un destro largo che centrava il rivale al viso e il match era concluso.

Le donne erano impegnate a Bangkok, dove si è disputato l’Importante “Thailandia Tournament Open”, confermatosi a livello femminile una rassegna tra le più importanti in assoluto. Presenti campionesse del mondo, asiatiche e nazionali. Ben 26 nazioni al via, con punte di 23 iscritte nei 57 kg., 19 nei 51 e 60, 15 nei 48, 12 nei 69 la più qualificata e 10 nei 75. India, Australia, Mongolia, Uzbekistan, Russia e Italia con 6; India, Vietnam, Cina e Korea Sud con 5, Spagna, Korea N.  con 4. La Thailandia con diverse squadre per un totale di 16 atlete. Presenti anche Botswana, Burundi, Bhutan, Danimarca, Filippine, Laos, Sri Lanka, Taipei, Nepal, Myanmar e Singapore. La Thailandia si è presentata con 16 atlete. Il ct. Renzini e Stecca all’angolo. Nei 48 kg. ha vinto la thailandese Raksat, che ha eliminato subito la russa Paltseva, europea in carica, oro agli U22, solo 3° l’indiana Manju Rani, campionessa nazionale, quotatissima, che aveva superato la nostra Bonatti, vincitrice all’esordio della Mye del Myanmar, ex Birmania. L’azzurra ha subito l’aggressività dell’indiana, poi regolata nettamente dalla Raksat in semifinale. Nei 51, nulla da fare per l’esordiente abruzzese Olena Savchuk, battuta dalla locale Jutamas, giunta poi terza, dove ha vinto la cinese Chang Yuan, da tre anni campionessa asiatica,  impostasi sull’indiana Zareen, vice campionessa nazionale e in semfinale sulla russa Aetbaeva bronzo nazionale. Nei 57 kg. l’ha spuntata un po’ a sorpresa la filippina inossidabile Petecio,  classe ’92, presente dal 2010 alle ultime cinque edizioni dei mondiali, mai sul podio, stavolta ha trovato il successo battendo le due favorite thailandesi, prima la Lapopeam e poi la Techasuep, che si era imposta sulla russa Vorontsova (sconfitta da Irma Testa al torneo U22), dopo una battaglia equilibrata. Col senno di poi, potremmo dire che l’azzurra ha perso una grande occasione per vincere. Irma dopo il successo netto contro l’uzbeka Makhliyo, ha trovato la Techasuep, combattendo alla pari, ma quando c’è equilibrio le giurie premiano l’atleta di casa. Come è avvenuto. Resta il fatto che Irma è all’altezza delle più forti. L’indiana Moun, vice campionessa nazionale è uscita nei quarti ad opera della russa. Stessa sorte per la cinese Yin Junhua, titolare ai mondiali, battuta dalla nord coreana Won Un Gyong, ma stoppata dalla filippina nei quarti.

La bolognese Valentina Alberti nei 60 kg. era partita molto bene superando la spagnola Gonzales (5-0), nei quarti trovava l’ostica Mirzaeva, non nuova alle scene internazionali. La vittoria di misura le costava uno sforzo che lasciava scorie nella sfida per la finale, contro la thailandese Seesondee, argento uscente ai mondiali, cliente scomoda, che l’ha messa sulla rissa ed ha vinto. Dall’altra parte del girone spuntava l’australiana  Stridsman, che fece buona impressione ai mondiali del 2018, tenendo botta con la finlandese Potkonen, che dovette fermarsi proprio contro la thailandese nei quarti. La campionessa russa Anastasia Esman, si fermava ai quarti, battuta dalla vietnamita Linh, la mongola Monkhor che bene si era comportata ai mondiali, si fermava all’esordio di fronte alla nordcoreana Song. A sua volta stoppata dall’australiana, che ha vinto anche la battaglia con la Seesondee, denotando una condizione atletica eccezionale, tenendo testa ad una rivale che fa della forza fisica l’arma migliore. Una sfida molto mascolina. Stavolta non è bastato alla beniamina di casa, che dopo l’argento ai Giochi asiatici e ai mondiali 2018, aggiunge quello di Bangkok 2019. Questo per capire il livello di questo torneo.

I 69 kg. si sono dimostrati una specie di campionato del mondo. Al via si affrontano l’iridata in carica Chen di Taipei e la sua avversaria della finale, la cinese Gu che perse l’oro con un 3-2, che la rese furiosa. Stavolta la Gu vince alla grande, anticipando una rivale sbiadita. Si ripete in semifinale anche contro la campionessa russa Golovchenko, superata alla grande e si ritrova in finale, contro la giovane italiana Angela Carini, dieci anni tra le due 30 contro i 20 di Angela. Che per arrivare tanto in alto ha superato prima la danese Rasmussen, veterana di cento battaglie, poi è arrivata la  Kim Son, coreana del Nord, più alta e spigolosa, che unisce più mestiere che arte, comprese le tenute delle quali ha talmente abbondato che l’arbitro gli ha rifilato ben due richiami. L’azzurra dopo aver perso la prima ripresa, su sollecitazione all’angolo, metteva ordine all’attacco e ricuciva l’handicap per vincere netta la terza ripresa. Ci credereste, due giudici hanno visto il pari, per fortuna gli altri tre hanno scritto la verità. In tal modo arriva in finale per ritrovare la cinese che lo scorso anno a New Dehli in India l’aveva affrontata all’esordio. Una sconfitta chiara, per una debuttante. Stavolta è stato tutto diverso. La  campana ha tenuto botta e la vittoria poteva andare anche all’angolo azzurro. Il 4-1 è bugiardo, e conferma come i giudici specie quelli asiatici abbiano una venerazione per i loro titolati. Intanto l’azzurra cresce ad ogni uscita, fa esperienza e per essere una che ancora deve compiere 21 anni, il futuro è suo. Come dice Renzini: “Deve mettere qualche muscolo al posto giusto e poi saranno dolori per tutte, cinese compresa”.

Nei 75 si è imposta l’altra cinese Li Qian, oro mondiale 2018, argento nel 2014, bronzo a Rio, 29 anni, giunta in finale senza intoppi, non ritenendo tali la mongola Munkhbat, anche se presente ai mondiali 2018 e l’indiana Bhagybati, oro all’Open 2019 di Gawahati, vista a Biella contro l’Italia. Più impegnativo il cammino della coreana del Nord, la mancina Pak Un Sim che ha prima battuto la russa Shamonova, ovvero la grande speranza russa, una che non conosceva sconfitte da anni. Anastasia ha iniziato a vincere tra le jr. e non si è più fermata. L’ultimo alloro giovanile nel 2018, vincendo l’europeo youth a Roseto degli Abruzzi. Il primo da elite a Vladikavka in Russia, vincendo la cintura europea U22 a soli 19 anni. Stavolta ha trovato una rivale che non solo l’ha impegnata ma anche aggredita e alla fine si è trovata addirittura fuori dal podio. Questo è stato il torneo Open della Thailandia, sbrigato alla svelta.

Ancora boxe femminile, stavolta in Indonesia a Labuan Bajo dove si è svolto il torneo intitolato “President Cup” riservato a 6 categorie per le donne. Accompagnate dal tecnico Laura Tosti, tre azzurre: Giulia Lamagna (54) campionessa italiana, Francesca Martusciello (60) e Francesca Amato (64) anche lei tricolore, reduce da una stagione ricca di soddisfazioni. Il torneo non era all’altezza di quello di Bangkok, ma neppure da sottovalutare. Oltre alle locali con quattro squadre, ma soprattutto le indiane che non regalano nulla, presenti addirittura con Mery Kom nei 51 kg. ovvero la più popolare sportiva nazionale, vincitrice di sei titoli mondiali, che a 36 anni, accetta di prendere parte al torneo per il piacere di salire sul ring. Rischiando l’eliminazione in semifinale contro Vo Anh del Vietnam, grazie ad un 3-2, che in molti l’hanno definito un regalo.

Sul ring anche thailandesi e filippine, quindi niente era facile neppure in Indonesia. Il bilancio è ottimale: tutte e tre le azzurre sono salite sul podio. Martusciello ha superato nei quarti l’indiana Ngongo Erniati, fermandosi al bronzo, davanti all’altra indiana, la ben più titolata Baatth, dopo un match più equilibrato di quanto dicono i giudici, la campana aveva vinto almeno un round e ha reso vita dura alla rivale. In finale è arrivata anche la biellese Giulia Lamagna (54), apparsa in buona condizione. Debutto contro la filippina Nice Petecio, la sorellina più giovane di Nesthy, battuta nettamente, si ripete in semifinale sulla giovane indiana Ratu Silpalau, guadagnandosi la finale. Dove trova Jamuna Boro, oro agli Open d’India 2019, che fa valere l’esperienza di un’attività assai superiore alla Lamagna, che cede con tutti gli onori facendo intravvedere sprazzi di autentica classe. Francesca Amato conferma che il 2019 è l’anno magico. Dopo l’Open India, dove ha battuto in finale Ankushita Boro, oro youth 2017, avendolo sfilato alla più meritevole Rebecca Nicoli, centra anche l’oro in Indonesia. All’esordio si impone sulla Ildawati, ennesima indiana presente, in finale regola la thailandese  Sulhada, con un rotondo 5-0. Per concludere è partito a Kaspiik in Russia il “Memorial Usmanov” che si concluderà il 4 agosto. Per l’Italia combattono Fadda (51), Mesiano (57), Canfora (69) e Galizia (75). Auguri alle azzurre.

a cura di Giuliano Orlando