Boxe: il bilancio azzurro dopo i successi con Estonia e Finlandia

Pubblicato il 8 febbraio 2016 alle 12:13:58
Categoria: Boxe
Autore: Redazione Datasport.it

Il largo successo su Estonia e Finlandia della nazionale ad Assisi e Spoleto era previsto anche nei numeri. Per l’Italia in guantoni il vero cammino inizia dallo stage in Kazakistan (20 giorni) e col debutto al torneo Strandja in Bulgaria. Da quel momento inizia il bilancio per capire se l’azzurro a Rio sarà una linea sbiadita o una grande bandiera. Lello Bergamasco sapeva in anticipo che nessuno degli azzurri sarebbe stato al top. Nel percorso che ci auguriamo porti più dei due già qualificati per Rio, la fase di gennaio rappresenta un tassello di quel mosaico, dove la tessere che contano vanno inserite al momento giusto.

La prima, in occasione degli europei olimpici (maschili e femminili), che l’AIBA ha anticipato di due settimane. Non più dal 20 aprile al primo maggio, ma dal 7 al 18 aprile, spostandoli da Istanbul a Samsun sul Mar Nero, non molto lontano da Trabzon,  dove nel 2012 si svolsero le ultime qualificazioni europee per Londra. La seconda dal 7 al 19 giugno a Baku, in Azerbajan, ultimo appello per afferrare i ticket a cinque cerchi. La terza e più importante dal 5 al 21 agosto, dove i promossi si giocano i podi olimpici.  Nel doppio appuntamento hanno combattuto tredici azzurri, più Clemente Russo, che ruota nella sfera WSB e APB.

Nessuno ha deluso, anche se il rendimento non è stato uguale per tutti. I carichi di lavoro studiati da Vasily Filimonov, il preparatore russo che già operò ai Giochi di Pechino, hanno dato un segnale e anche la sveglia facendo capire che la situazione pregressa sarebbe stata insufficiente per ambire al ruolo di protagonisti sia nei tornei che a Rio. In pieno accordo col ct ha portato a tre sedute giornaliere il programma, assorbito in modo diverso dagli atleti. Unico assente di rilievo Domenico Valentino, che dovrebbe scendere nei 56 kg. ma al momento in condizione non ottimale, quindi tenuto a riposo. Gli sparring estoni e finlandesi hanno mostrato buona volontà e orgoglio, ma salvo qualche nome risultavano di una spanna inferiori. Giusto, perché questo test serviva per rompere il ghiaccio dopo un periodo di  inattività agonistica abbastanza lungo.

Picardi nei 52 kg., ha confermato la professionalità di sempre e contro Serikov ha dato un saggio di buona boxe. L’interrogativo è quello di un salto in avanti per arrivare ai giochi, in una categoria sempre folta di clienti difficili da superare. Cappai al momento è un mosca, sicuramente scattante, gambe bene allenate e braccia già rapide, gli mancano misura e precisione per aspirare a ripetere Londra con gli ultimi biglietti per Rio. Il talento c’è, deve diventare concreto. In crescita anche Maietta finto leggero, in crescita come personalità e precisione. Tshashkin che è un leggero vero, ha dovuto accettare la miglior scelta di tempo del casertano, mentre contro Boufrakech il giorno dopo, ha avuto modo di lottare meglio, perché l’avversario, tecnicamente superiore, era ottimo nelle schivate ma ancora incerto nelle repliche.

Vincenzo Mangiacapre è in evidente crescita, la sua boxe incanta perché è spettacolo raffinato, ma per questo motivo raggiungere la perfezione non è facile. Penso sia sulla buona strada e mi auguro che il problema alla schiena si risolva, in modo da contare sul bronzo di Londra, in perfette condizioni. Lo merita essendo in credito con la fortuna. Salvatore Cavallaro ha vinto i due confronti usando il bilancino del farmacista. Ma anche il massimo col minimo sforzo. Personalmente ritengo che debba smaltire più degli altri i carichi di lavoro: poco gioco di gambe e braccia lente, rare le combinazioni, ma colpi isolati. Il pugile è forte e ha qualità, come ha dimostrato nel 2015, vincendo il bronzo europeo in condizioni critiche. Nessun allarmismo. Manfredonia si è confermato ad alto livello, anche se consapevole di dover migliorare alcuni particolari, come la misura dei colpi e il movimento sul tronco. L’Italia crede in lui.

Su Arecchia il discorso è delicato. Non sappiamo se resterà nei welter o salirà di peso,  considerato che ha solo 19 anni e doti naturali notevoli. Il problema è che il suo attuale stile, apprezzato nelle categorie giovanili, tra i senior non rende. Ragion per cui, Bergamasco deve trasformare quei colpetti leggeri in pugni veri. Le qualità e l’intelligenza tattica ci sono, manca l’esperienza per trasformare la teoria in pratica e sostanza. Ad Assisi e Spoleto, contro l’attendista Abdilrasoon (Fin) copia sbiadita dell’italiano ha forzato la sua natura ma ha vinto netto. Più impegnativo ma meno difficile da leggere l’estone Hartshenko, votato all’attacco, già battuto da Mangiacapre,  contro il quale il pugile nato all’ombra dell’Excelsior di Brillantino, ha mostrato sia pure embrionalmente la tattica giusta per farsi largo anche fuori confine. Grande ha confermato la vocazione all’attacco, per la statura limitata, tattica dispendiosa che per avere successo dove essere supportata da spostamenti e rientri fulminei e precisi. Categoria un tempo tutta di fioretto, oggi tutta di guerrieri.

L’esplosione di Guido Vianello per molti è stata una sorpresa. Non per Bergamasco e Filimonov, che avevano visto il gigante romano in allenamento, spronato anche da Cammarelle, dare consistenza a quel destro che prima scattava quasi pigro ed ora è una bomba. Il primo ad averlo assaggiato è stato l’estone Bokan, campione nazionale in carica, crollato dopo un minuto, incapace di trovare la posizione nel tempo concesso. Una bella iniezione di fiducia, per un gigante di 21 anni, con molto sale in zucca, ambizioso e  disciplinato. Potrebbe essere il nuovo Cammarelle? La risposta ai fatti in tempi brevi. Il medio Lizzi è da rivedere, non certo da scartare. Battuto da Kaupo, che ha fatto faticare anche Cavallaro, dopo i trionfi giovanili, deve ricominciare in un mondo, che al momento ignora tatticamente.

Due parole sul grossetano Simone Giorgetti, recuperato all’ultimo momento nei medi, che ha avuto l’opportunità di vestire la maglia azzurra, meta difficilmente raggiungibile in altre situazioni. Bergamasco prima di lui ha contattato il campione italiano Perugino (non allenato) il vice  Faraoni (non affiliato), Sarchioto (problemi al naso) e il locale Gubbini (poco allenato).  Giorgetti, che milita nei 69 kg.  ha risposto presente senza scuse, anche se non poteva essere certo al meglio. “Confesso di essermi commosso – ha detto – quando mi hanno consegnato la maglia azzurra, il traguardo di ogni pugile. Ho perso, ma spero di dimostrare che il vero Giorgetti  è assai meglio di quello visto a Spoleto”. Basterebbero queste parole per applaudirlo. Per altri, l’asuefazione alla maglia azzurra è un segnale che in passato si pagava caro. Ora i tempi sono cambiati, anche se rappresentare l’Italia dovrebbe sempre restare un onore intatto nel tempo.