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Alpinismo e Resistenza

Pubblicato il 2 agosto 2025 alle 18:08
Categoria: Libri di Sport
Autore: Wilma Gagliardi

 Alpinismo e Resistenza.

Storie partigiane d’alta quota

Diciotto ritratti di figure importanti nella lotta di Liberazione. Lo spirito di sacrificio che ha creato i ribelli della montagna – Sergio Giuntini – Alpinismo e Resistenza. Storie partigiane d’alta quota – Ediciclo editore - Pag. 180 – Euro 18.00.



di Giuliano Orlando

Cominciamo da Italo Calvino, citando un breve passaggio di Oltre il ponte, pubblicato nel 1959. “Chi non vuole chinare la testa con noi prenda la strada dei monti”. Tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945 a non chinare la testa furono in molti. Senza distinzione di sesso ed età, di provenienza sociale e ideale. Il libro scritto da Sergio Giuntini, autore di molti saggi sportivi entrando nel cuore di situazioni delicate come il doping. Emblematico “Lo sport imbroglione. Storia del doping da Edoardo Pietri ad Alex Schwazer, uscito nel 2022 per Ediciclo. Stavolta l’attenzione è rivolta alla Resistenza, movimento antifascista nato 80 anni addietro, tanti ma mai troppi, per archiviarne la memoria. I monti risultarono le vie obbligate di fuga per l’emigrazione politica e il terreno privilegiato per l’organizzazione delle unità partigiane e le operazioni belliche. Alpi e Appennini furono dapprima il rifugio, trovando collaborazione spontanea con i contadini residenti e, successivamente il punto di partenza per azioni di battaglia scendendo a valle per attacchi improvvisi e scomparire senza lasciare tracce. Nelle varie regioni si moltiplicarono i riferimenti della resistenza, dall’Emilia alla Toscana, dal Piemonte alla Liguria fino alle Marche, i partigiani crearono non pochi problemi alle forze tedesche, che risposero spesso con l’isterismo di una nazione poco abituata alle sconfitte. Ci furono battaglie cruente con tante vittime tra coloro che avevano scelto di difendere il loro territorio. Non mancano dalla parte fascista, nomi che scrissero importanti pagine di sport, come Fiorenzo Magni, del giornalismo Indro Montanelli), della politica (Ignazio La Russa) fino a Luciano Violante, tutti apertamente schierati con le forze tedesche.

All’opposizione l’allora giovane Gianni Brera, partigiano in Val d’Ossola e Giorgio Bocca, passato dai Gruppi Universitari Fascisti (GUP) alla causa partigiana. In questo contesto che segnò la svolta delle sorti italiane, Giuntini racconta le storie di alcuni tra i maggiori protagonisti, dove si alternano nomi che hanno segnato punti esclamativi nei ruoli specifici. Primo Levi, deportato ad Auschwitz, sopravvissuto all’Olocausto, divenne una delle voci più importanti nella testimonianza di quell’atrocità nazista, attraverso i suoi scritti e le conferenze, racconta il suo ingresso nella Resistenza nel 1943 a 23 anni: “Avevamo freddo e fame, eravamo i partigiani più disarmati del Piemonte e probabilmente anche i più sprovveduti. Ci credevamo al sicuro, nel nostro rifugio sepolto da un metro di neve. Ma qualcuno tradì e il 13 dicembre 1943, fummo circondati da oltre trecento repubblichini. Otto riuscirono a scappare, gli altri tre compreso il sottoscritto, vennero catturati”.                                                                                                        

Non meno importanti i racconti di alpinisti che diventarono partigiani o viceversa. Una lunga fila alla testa dei quali figurano Riccardo Cassin, Ettore Castiglioni, Tita Piaz e Cesare Maestri, ma anche Massimo Mila, Luigi Meneghello e le alpiniste partigiane come Maria Assunta Lorenzoni e Rita Rosani, che sfidarono con grande coraggio situazioni disperate. L’accostamento tra Cesare Maestri e il Che Guevara è forse un po’ forzato, anche se qualche similitudine ci può stare. Guevara è stato un patriota sognatore, uomo d’avventura col coraggio indomito dei militanti di una sinistra rivelatasi nel tempo utopistica. Eroe e vittima di una generosità infinita. Cesare Maestri l’ho conosciuto e posso garantirne la disponibilità e gentilezza, un cavaliere che ha cavalcato tutte le montagne più alte, compresa la cima del mitico Cerro Torre il gigante della Patagonia, anche se colleghi e gente povera e indegna cercò di avvelenare l’impresa. “Non me l’aspettavo – mi confessò – in particolare da parte di connazionali che ritenevo amici. Forse per questo la mia reazione fu violenta, ma non rimpiango nulla. Alla fine anche costoro dovettero fare marcia indietro”.                                                   

Un libro ricco di patriottismo e storie sempre interessanti, oltre a documenti inediti che mettono in risalto la genuinità dei protagonisti. Un esempio: Dante Livio Bianco, comandante partigiano, si teneva aggiornato sul suo Torino Calcio, mentre era sul fronte. Tita Piaz, "il Diavolo delle Dolomiti", finì in carcere due volte: prima come irredentista, poi come antifascista. Un record da andare fieri.                                                                                                

Concludo con la definizione del territorio che rese mitica la Resistenza: "La montagna non è solo sport o svago, ma teatro della memoria collettiva nazionale".                                                                                                      


Giuliano Orlando