Libri di Sport - Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada: la recensione

Pubblicato il 11 giugno 2020 alle 13:15:02
Categoria: Libri di Sport
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Una ragazzina ribelle che voleva pedalare libera – Paolo Facchinetti – Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada, l’unica donna che ha corso il Giro d’Italia assieme agli uomini – edicicloeditore – Pag. 160 – Euro12.50.

In tempo di pandemia, la gente sta scoprendo la bicicletta come mezzo di trasporto in alternativa alle auto e addirittura ai servizi pubblici classici: metropolitana e di superficie. Situazione che potrebbe cambiare la situazione di un traffico cittadino giunto al limite della sopportabilità. Come dire che non tutti i mali vengono per nuocete. Per il vero la vecchia “spicciola”, quella che usavano i meno abbienti in particolare nei paesini del centro Italia, per andare al lavoro, ha radicalmente cambiato la sua funzione da parecchi anni. Grazie al progresso tecnologico e al livello generale della società migliorato, la bici si è trasformata in mezzo dalle funzioni più diverse. Il mondo dell’agonismo si è allargato al punto che raccoglie praticamente i ragazzi dai 15 anni fino ai vegliardi che hanno compiuto anche le 80 primavere. In questa rivoluzione-evoluzione il settore femminile è entrato alla grande, portandosi al livello paritario (esclusi gli ingaggi), nel senso che le cicliste in rosa di tutto il mondo, hanno un calendario nazionale e internazionale e i giri in ogni nazione. Vedere cicliste in allenamento e in corsa è una normalità, Che le gambe delle ragazze siano diventate una bella immagine, sancite dalla canzone “Bellezze in bicicletta”, che milioni di ragazze pedalino in piena libertà è consuetudine. Utopia alla fine dell’800 ma anche nei primi anni del ‘900 la situazione non era variata di molto. Almeno a casa nostra. Nella vicina Francia, molte donne facevano sfoggio di abilità su quei veicoli a due ruote.

Nel 1896 a Ostenda in Belgio, venne disputato il primo campionato del mondo femminile. Lo stesso in Gran Bretagna, dove esplodono le Sei Giorni per le donne. Pure gli USA danno spazio e dollari alle ragazze in bici, allestendo corse nei circuiti e velodromi. E l’Italia? Anche se ci avevano provato, specie al Nord, allestendo corse e scoprendo non sole gambe ma pure atlete di valore, i tentativi restano isolati, nonostante la regina Margherita si fosse cimentata in gite nel Parco di Monza, rigorosamente chiuso al pubblico. E qui entriamo nel merito del libro pubblicato da un esperto del settore quale Paolo Facchinetti, dalla prosa incisiva e trascinante, come le imprese di Alfonsina Strada, nata Morini nel 1891 a Castelfranco Emilia, secondogenita di papà Carlo e Virginia Marchesini. Famiglia numerosa come era d’uso, dieci figli: quattro femmine e sei maschi. Per Alfonsina, dopo le elementari venne scelto il lavoro di apprendista sarta, ma nessuno immaginava che questa ragazzina di robusta corporatura, piuttosto bassa, avesse una passione per quei tempi inconfessabile. Amava svisceratamente la bicicletta. Amore diabolico, suffragato dal sacrilegio di aver raccontato a casa di andare alla Messa ed invece era stata vista pigiare sui pedali come una matta sulle strade della zona, addirittura assieme ai ragazzi. I genitori avevano tentato invano con ogni mezzo di dissuaderla. Niente da fare. Tra l’altro era anche molto forte, decisa a sfondare in quel mondo. Sfidando la morale del tempo. Il suo nome teneva cartello nei circuiti e in alcune occasioni aveva battuto anche i maschi. Una volta ebbe in premio un maialino vivo che portò a casa al guinzaglio come un cagnolino. Nel 1924 ottenne l’iscrizione al Giro d’Italia, prima donna in Italia a correre con gli uomini. Corsa che portò al termine in condizioni disperate. A quei tempi le tappe erano attorno ai 300 km. e le strade, appena fuori dai centri urbani, risultavano un festival di buche e polvere. Averlo concluso fu una prova di orgoglio infinito. Nella tappa L’Aquila-Perugia di 296 km. corsa sotto il diluvio, partenza alle 4,30 del mattino, strade ridotte e viottoli di fango, cadute a non finire, comprese quelle di Alfonsina, già incerottata per ruzzoloni precedenti. Nell’ennesimo ruzzolone si spezza il manubrio. A quel punto sembra proprio finita. Invece la signora che gestisce la trattoria dove si era fermata, ha un colpo di genio. Spezza un manico di scopa e lo sostituisce al manubrio rotto. Incredibile, Alfonsina arriva al traguardo e finisce il Giro, sia pure in condizioni pietose. Magra come un’acciuga, ferita in tutto il corpo. Ma felice e orgogliosa di aver vinto la più dura battaglia della sua vita. Dopo quell’impresa diventa una professionista della bici e prosegue l’attività, passando ad altre imprese che l’autore racconta con grande abilità. Un libro imperdibile, per capire la mentalità di un secolo addietro, e quanto hanno faticato le donne a farsi largo in una società maschilista.

Giuliano Orlando