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La storia del tennis in 50 ritratti
Dal gioco nato per i nobili alla tennismania, per merito di un talento sbocciato nella terra degli sciatori. Tutti i grandi protagonisti, una passerella indimenticabile. Paolo Bertolucci, Vincenzo Martucci. Illustrazioni di Giordano Poloni – La storia del tennis in 50 ritratti – Carlo Gallucci editore – Centauria – Pag. 164 – Euro 24.00.
di Giuliano Orlando
Non mi ritengo un esperto, anche se in diverse occasioni ho scritto articoli sul tennis. Nel lontano 1972 mi trovavo a Bucarest per un torneo internazionale di pugilato, chiamato Centura de Aur, con la presenza dell’URSS e di Cuba, il vertice assoluto della disciplina. Il presidente della Federboxe Romena, Georghe Guriev, mi informò di avere invitato nella serata conclusiva, Ilie Nastase e Ion Tiriac, i titolari della squadra di tennis giunta per il secondo anno alla finale della Coppa Davis. Nell’occasione li intervistai e ricordo che, mentre Tiriac si limitò a risposte telegrafiche, Nastase fu molto disponibile e confessò di amare moltissimo l’Italia, oltre che essere amico di Panatta. Mi è venuto in mente l’episodio, leggendo il ritratto di Nastase nel libro inviatomi dalla Gallucci editore, tramite la gentile Marina Falasca, ovvero “La storia del tennis” scritto in tandem da Paolo Bertolucci e Vincenzo Martucci, collega e amico dai tempi della “rosea”.
Il riferimento specifico è inerente all’incontro di doppio a Parigi contro Panatta e Bertolucci. Nastase, conosceva la superstizione di Adriano avversa ai gatti neri. Nastase ne nascose uno nella sacca, liberandolo dopo il riscaldamento. Il romano prima fugge via, poi protesta e minaccia di non giocare. Per concludere, Ilie e Ion vinsero 6-0, 6-1! Un ritratto delizioso sul tennista romeno più vincente, ma anche funambulo, saltimbanco e clown. Un genio all’insegna della sregolatezza, sempre e ovunque. Nel 2017, sulla soglia dei 71 anni, lo invitano a Wimbledon e lui non manca di essere al centro dell’attenzione dei media e non solo. Vi consiglio di visionare il gustoso articolo di Martucci che racconta l’ennesima sceneggiata di Ilie. Torno al libro, che ho letto con grande interesse, soprattutto i 50 ritratti che illustrano i personaggi che hanno firmato la storia della disciplina. Partendo da Andre Agassi, punk con le unghie colorate e gli occhi truccati, costretto a diventare tennista dal padre-padrone, all’ascetico “Zen master”, fino all’odierno marito e papà esemplare, ci corrono anni luce. Il tutto in una pagina da leggere d’un fiato.
Esercizio propedeutico da ripetere 50 volte. Con interesse crescente, nome dopo nome, alla scoperta di personaggi sempre diversi, seppur idoli dello stesso sport. Quello che nella parte introduttiva, ovvero la storia del tennis dal tempo degli Egizi e Greci, e pure dei popoli precolombiani fino ai Romani, arriva ai giorni nostri con un effluvio di informazioni e curiosità da soddisfare il palato più esigente. Confesso che avendo letto parecchi libri di tennis, ritenevo quasi superfluo tornare sull’argomento. Mi sbagliavo in difetto. Ho ripassato nelle prime 50 pagine lo scibile dello sport che qualcuno ha affermato sia stato inventato dal diavolo. Che abbia ragione o meno, è soggettivo, quindi individuale. Prima di tornare ai ritratti voglio dare merito a Giordano Poloni, illustratore capace di dare a tutti i soggetti il pregio del sorriso, personalizzandoli in modo perfetto. 50 ritratti e altrettanti capolavori. Dieci e lode. I suoi disegni sembrano creati per piacere ai bambini, tanto sprizzano leggerezza, come raccontassero favole. Da Agassi a Venus Williams, Venere nera, altissima e magrissima, sorella d’arte (Serena, dalla potenza pazzesca), entrata nel mondo del tennis a soli 14 anni, sparando missili supersonici. Arrivando a tirare un servizio a 2008 all’ora. Tra i due estremi, altri 48 protagonisti. L’attuale Alcaraz, il talento sbocciato forse troppo presto, il più giovane numero uno di sempre. Arthur Ashe, scomparso nel febbraio 1993 a soli 50 anni. Il primo tennista di colore a scalare la vetta di uno sport d’élite negli anni ’70.
Il dirompente Boris Becker, detto Bum Bum, per la forza dei colpi, unico ad aver vinto per due anni a fila Wimbledon a 17 e 18 anni! Un decennio prima, il tennis aveva conosciuto Bjorn Borg, forgiato con l’acciaio svedese. Re della terra rossa e non solo. Jimmy Connors, il cattivo ragazzo, dal grande coraggio e un super rovescio, capaci di raggiungere traguardi impensabili. La leggenda Novak Djokovic e la leggerezza di Stefan Edberg, angelo biondo diventato diavolo contro Becker. Roger Federer, dai colpi sublimi, che tutti hanno sognato di poter imitare. I canguri, da Lew Hoad a Ken Rosewall, da Rod Laver a Margaret Court. John McEnroe il più talentuoso e litigioso. Il ceco Ivan Lendl, nato ad Ostava la città del carbone, figlio d’arte, vinse molto ma fallì sette volte Wimbledon, unico trofeo maledetto. Rafael Nadal, satanasso imbattibile e feroce. L’extraterrestre dei trofei, il “caimano” della racchetta. Nella galleria, i palchi riservati alle donne non sono pochi. Althea Gibson la prima atleta di colore ad aggiudicarsi lo slam di Parigi nel1956, la tedesca Steffi Graf, l’algida “signorina dritto”, tutta miele da figlia e moglie, tutto fuoco in campo. Martina Hingis, svizzera d’importazione (Cecoslovacchia) dalla vetta precoce, al tramonto triste con tracce di cocaina nell’addio. Billie Jean King, la californiana figlia di un pompiere, è stata la tennista più incendiaria e il tennis femminile le deve moltissimo se oggi è paritario con i maschi.
Martina Navratilova e Jana Novotna, radici cecoslovacche dove la terra germoglia talenti come margherite a primavera. Monica Seles, la serba dal talento infinito, ferito brutalmente da un tifoso squilibrato, tifoso di Stefi Graf. La russa Maria Sharapova, troppo altera e forte per scendere in terra. Ha vinto tutto con alterigia e classe. Jennifer Capriati, papà brindisino, da bimba fenomeno a Icaro al femminile, con le ali bruciate. Le nostre alfiere si chiamano Sara Errani, Jasmine Paolini, Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, un quartetto stupendo che invito a non perdere. Chiudo con Adriano Panatta e Janik Sinner. I due che hanno portato il tennis all’attenzione assoluta degli italiani. Gli altri nei loro confronti pur bravi, sono comprimari, senza offesa per nessuno. Adriano negli anni ’70. Il suo tennis era musicale, affascinante e inimitabile. Incarnava l’eroe nuovo dello sport e l’Italia se ne innamorò perdutamente. Jannik, il Profeta dai capelli rossi, nato nella terra degli sciatori, è il fenomeno attuale, il figlio che ogni genitore vorrebbe. Perfezionista all’esasperazione, ma anche sensibile e generoso. Con la racchetta ha compiuto imprese che nessuno aveva saputo realizzare. E ha solo 24 anni. Detto questo, lascio il piacere di sfogliare un libro che ha nel suo interno il meglio che ho volutamente ignorato, per la gioia dei lettori.
Giuliano Orlando