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"Non ho mai pensato di essere un grandissimo giocatore mentre ho sempre saputo che sarei diventato un allenatore. Già da Lecce quando giocavo nella primavera e allenavo la squadra di mio fratello. Era una vocazione". Lo rivela Antonio Conte, tecnico della Juventus neo campione d'Italia, in un'intervista all'ultimo numero di Sette che sarà in edicola da giovedì 10 maggio. "Sono portato a dare un indirizzo. Un metodo. Indicare una squadra. Prendere le decisioni - prosegue Conte -. Io non urlo. Mi faccio sentire. E in mezzo a 60 mila persone è difficile. È un contatto continuo con i miei calciatori. Mi devono sentire. Devono sapere che sono sempre con loro". L'allenatore bianconero individua in Giovanni Trapattoni una delle persone più importanti nel suo percorso di crescita sportiva: "E' stato un padre. Ha capito le mie difficoltà. Restava dopo gli allenamenti per migliorarmi nella tecnica", racconta Conte ripensando agli inizi degli anni Novanta quando era allenato dal Trap.
Recentemente il nome di Conte, che non risulta tra gli indagati, è stato accostato allo scandalo scommesse: "Cattiverie gratuite - commenta il tecnico juventino -. Io voglio che i miei giocatori diano il massimo. In un gioco pilotato questo non sarebbe avvenuto. Anche a Siena. Abbiamo avuto un’annata trionfale chiudendo con cinque giornate in anticipo. Nulla può inficiare il bellissimo rapporto che ho avuto con i giocatori e con Siena città. Non devo difendermi. Sono tranquillo ed è giusto che chi sta indagando faccia le proprie indagini". Infine uno sguardo ai prossimi obiettivi: "Voglio continuare a crescere, a stupire me stesso e gli altri. La Juventus non è un punto di arrivo. Tutto per me è un punto di partenza", conclude Conte.