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Leo alla Mou: più o meno. L’avevo invocato nell’editoriale di ieri, così è stato. Una grande Inter, abbastanza fortunata nel primo tempo. Ma capace di ribaltare nella ripresa. Con una personalità invidiabile, a caratteri cubitali quella parola che fa la differenza: mentalità. Già, perché se rischi di andare all’intervallo sotto di due gol, resti in piedi e poi riesci ad assestare il colpo, evidentemente ne hai da vendere. Quando Eto’o parte non lo fermi più. Ci sono due tangenziali, le due che Samuel può frequentare: il gol o l’assist, cose che gli riescono con una semplicità e una classe disarmanti.
E così il vessillo d’Italia in Champions è nerazzurro. Soprattutto: non siamo più in Scempions, teniamo in corsa una rappresentante e questo particolare – come cercavo di spiegare ieri – dovrebbe essere superiore a qualsiasi campanile. Ma temo che non vada e che non andrà così. La prossima volta che il Bayern in qualsiasi sorteggio dovesse sentire il nome dell’Inter, probabilmente se la darà a gambe prima di scendere in campo. Dopo il bruciante epilogo di Champions, un devastante ottavo di finale. Malgrado una buona partita, il solito Robben, lo sprecone Ribery (che gol ha sbagliato?), il delizioso Muller. Ora, magari, rivedranno i piani e manderanno a casa Van Gaal prima di fine stagione: qualche altro tonfo e quasi non avrebbe senso tenerlo. Lo dipingono come un santone, avrà i suoi meriti nella costruzione del gioco d’attacco, ma il pacchetto difensivo è da mal di testa. Sai che prima o poi ci scappa l’errore.
Adesso non so quanto e come questa impresa influirà sulla lotta per lo scudetto. Ci sono varie correnti di pensiero. La più gettonata: impegnata in Champions (alla faccia della Scempions) l’Inter sprecherà energie e sarà costretta a pagare dazio. Non ne sono troppo convinto: quando viaggi con il vento in poppa e sei felice, puoi permetterti di superare qualsiasi logorio, fisico o mentale. Vedremo. Intanto, bentornato a Pandev, un grande gol per cancellare una striscia non alla Pandev. Una pacca sulla spalla a Julio Cesar: se l’Inter fosse uscita per quell’erroraccio dopo la papera dell’andata, i processi sarebbero finiti a fine aprile. Meglio così. Ma se dovessi scegliere il simbolo nerazzurro, lascerei per un attimo i maestri Sneijder, Eto’o e Maicon, prenderei Andrea Ranocchia. Testa alta, classe, personalità. E’ appena arrivato, sembra lì da sempre. In una parola: mentalità. Come quella dell’Inter: per una notte Leo alla Mou.