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In un calcio che cambia, e che spesso improvvisa, il miglior complimento sarebbe questo: bravo, stai facendo calcio come l’Udinese. E quando dico “stai facendo calcio” mi riferisco all’intero pacchetto: dentro e fuori dal campo, il massimo in circolazione.
Dentro il campo ogni particolare viene rispettato alla lettera. Merito di Francesco Guidolin che è tornato in Friuli quasi per farsi perdonare qualcosa dopo le incomprensioni di qualche tempo fa. E che ha lasciato il segno, domenica sera dopo il trionfo di Napoli, quando ha detto “ho un contratto fino al 2015, pur di rispettarlo sarei capace di dire no a qualsiasi proposta”. Mi è parso di capire, può darsi che mi sbagli, che stavolta non vorrebbe tradire. Neanche se a chiamare fosse la Juve.
Guidolin è un maestro di tattica: quando Mazzarri ha saputo che l’Udinese non avrebbe schierato Sanchez e Di Natale probabilmente si è rilassato un po’. E ha pensato, chissà, che sarebbe stato complicato per gli avversari creare problemi al Napoli. In quel momento è nata l’ennesima missione di Guidolin che non ha snaturato l’assetto tattico, chiedendo ai centrocampisti di fare il solito eccellente lavoro, a caccia di ribaltamenti improvvisi. Inler e Asamaah sono due spettacoli della natura, applausi. Quell’Armero stantuffo continuo è un pitbull che – se gli lasci un metro – non ti perdona.
Ma è fuori dal campo che l’Udinese concretizza un autentico capolavoro di gestione e organizzazione. Il desiderio di non trascurare i dettagli, monitorando qualsiasi campionato, sganciando gli osservatori e non limitandosi a un’abbuffata di dvd. La differenza tra l’Udinese e altri club è che gli uomini di Pozzo spesso verificano dal vivo. Mentre ci sono dirigenti che non escono dal salotto, stanno in pantofole, pensano che la vita sia bella davanti al televisore. Come se un dvd contenesse verità assolute. Quello dell’Udinese è un mix di precisione e competenza con la firma di Gino Pozzo, il figlio del patron con il fiuto di chi difficilmente sbaglia. Pozzo junior non trascura i dettagli quando deve scegliere i collaboratori in grado di tenere il motore rombante e competitivo.
Ma allora l’Udinese un difetto non ce l’ha? Uno, soltanto uno. Se deve concretizzare una cessione, non avendo necessità di fare cassa, spara cifre roboanti. E poi, magari dopo un anno o due, è costretta a chiudere la stessa operazione portando a casa qualche milione in meno. Ma è un peccato veniale, tra mille pregi.