*/
LONDRA. Confesso di essere turbato da quanto accaduto sul ring di Londra. Anche se il nostro lavoro dovrebbe limitarsi alla pura cronaca, non è facile restare sereni dopo aver visto Cammarelle derubato di un sacrosanto oro olimpico, da giudici senza vergogna. La vittoria nei supermassimi data all’inglese Joshua è lo scandalo di questi Giochi in guantoni. Troppa malafede, un servilismo indecente che umilia lo spirito olimpico e offende la lealtà sportiva. La federazione italiana ha fatto ricorso; un tentativo disperato e inutile, perché il bidone è stato confezionato ad arte, puntando sui colpi rilevati, senza alcun errore tecnico. Che poi assegnino punti all’inglese e ignorino quelli dell’italiano è solo il vetero nazionalismo inglese che non cambia mai, tantomeno nello sport. Una beffa amara. Il record dirà che Cammarelle è solo argento ai Giochi di Londra e il colored Joshua oro, ma chi ha la memoria del tempo, non dimenticherà che il vero vincitore è stato l’italiano. Un Cammarelle in grande spolvero, che dopo aver vinto le prime due riprese, con un margine superiore ai 3 punti assegnati dai giudici, in particolare nella prima, dove l’inglese ha visto le streghe, pensava di essere al sicuro. Nell’ultima tornata, l’azzurro gestiva la situazione, pensando di non correre pericoli di sorta. Al massimo un punto per l’inglese, eccedendo in generosità. Invece la freccia al curaro era pronta ad uscire dalla feretra dei signori in bianco, soffocati e condizionati dal tifo inglese. Capovolgendo la verità di un Cammarelle che ha sempre tenuto le redini del confronto, usando bene il destro diritto e fiondando il sinistro sul volto del rivale con precisione chirurgica. Cosa doveva fare per vincere? Lo stesso inglese sapeva di non aver vinto, lo denotava il volto di uno non certo soddisfatto. Poi il regalo che non meritava a completare lo scippo temuto. L’italiano chiude con i Giochi, ma non sarà l’ultimo incontro. “Disputerò i campionati italiani a Roma in dicembre. Voglio scendere dal ring col tricolore. Certo, la sconfitta in questa finale brucia perché la ritengo ingiusta e ancor di più perché pensavo che almeno in finale i giudici mi trattassero con equità. Non è stato così. Col senno di poi avrei dovuto colpire con cattiveria anche negli ultimi tre minuti, ma non so se sarebbe bastato. Il sospetto che fosse un verdetto già scritto mi ronza in testa. Per consolarmi metterò in fila le medaglie senza alcun doppione: bronzo, argento e oro. Non è da tutti. Se penso che sei mesi fa ero in dubbio se partecipare o meno, un argento è pur sempre qualcosa. Che diventa una beffa se tutti ti dicono che avevo vinto. Mi sento comunque in dovere di ringraziare la federazione, i tecnici e lo staff medico e terapeutico, oltre ad abbracciare tutti i colleghi che sono venuti a Londra con me. A Rio non ci sarò da atleta, ma non è detto che resti a casa. Amo troppo la boxe per lasciarla. E’ stata una meravigliosa esperienza, un percorso che mi ha aiutato a crescere e diventare uomo. Diventarne il portavoce sarebbe il mio desiderio”. Grande, grandissimo atleta e uomo, un esempio da seguire. Un signore dentro e fuori dal ring. Impensabile che la Fpi possa farne a meno. Per questo, averlo privato di un oro meritatissimo fa ancora più male. Nell’ultima giornata Cuba ha messo a segno il secondo oro, grazie al diciottenne Ramirez, peso mosca con grande talento, messo a dura prova dal ventenne mongolo Nyambayar, guerriero indomito non priva di classe. E’ stata battaglia vera e brillante, che il cubano ha fatta sua grazie al terzo tempo dove ha espresso il meglio di un bagaglio tecnico da incorniciare. Il 17-14 risponde alla realtà. Nei leggeri, la vera finale si era disputata in semifinale tra il cubano Toledo Lopez e l’ucraino Lomachenko, il top in maglietta che dopo Pechino dove conquistata la vittoria nei piuma e la coppa per il miglior pugile dei Giochi, relegava al bronzo il cubano, trovando in finale il coreano Han, giunto alla soglia del titolo tra spintoni veri e presunti. Era un confronto troppo squilibrato, per cui ne ha sofferto lo spettacolo. Dieci punti di vantaggio per l’ucraino specchiano i valori. Delusione nei welter, per merito del kazako Sapiyev, non uno qualunque, vincitore di due mondiali (2005, 2007) un argento (2011) e un bronzo (2009). Gli mancava la ciliegina a cinque cerchi che ha puntualmente raccolto al secondo tentativo. Il suo avversario, il gallese Evans con i colori britannici ha fatto da comparsa, limitandosi a evitare qualche colpo, senza mai pensare alle repliche di un mancino che ha fatto delle velocità l’arma vincente. Il 17-9 dice dice tutto. La Russia raccoglie l’oro nei mediomassimi, con l’unico finalista, il plastico Mekhontsev, possente e forte anche se privo di fantasia. Non gli serve contro l’altro macino kazako Nyazymetov, che dopo averci provato inutilmente per due round, invece di tirare i remi in barca, ha tentato l’arduo aggancio, sfiorato soltanto: 15-15 ma preferenza al russo. Nella giornata di ieri, nessun rimpianto, solo l’orgoglio di una splendida medaglia d’argento olimpica per Clemente Russo, il massimo di Marcianise, che ha lottato e provato a battere l’ucraino Usyk nella finale dei massimi. Per due riprese ha sperato di farcela, nella prima era davanti, grazie a colpi isolati ma precisi, nella seconda il più giovane rivale ha fatto valere una condizione atletica migliore, sfruttando al meglio allungo e velocità riagguantando l’azzurro 8-8. L’ultimo round è stato decisivo e ha sancito la superiorità del pugile di Simferopol, la città a Sud dell’Ucraina, già capitale della Crimea con radici tartare. Questo spiega il balletto in onore dei cosacchi, inscenato da Usyk dopo la vittoria, vantando i famosi cavalieri dello zar, origini tartare. Russo ha accettato il verdetto con la signorilità del campione, perché tale è, dando appuntamento al 2016. “Stavolta ho ripetuto l’argento di Pechino e ci può stare. Ho fatto attività nelle World Series per tre anni, cambiando stile e mentalità, raccogliendo il massimo. Tornare come dilettante non è stato facile. Ci ho provato e ho sfiorato l’impresa impossibile. A Rio de Janeiro avrò 34 anni, ma posso ancora farcela. Mi preparerò come si deve, anche sei mesi e più. L’ho promesso a mia figlia e sono uomo di parola”. Clemente merita solo il grazie del pubblico, pochissimi possono vantare due argenti olimpici nei massimi, in Italia è il primo in assoluto. A Londra non mancavano i clienti che puntavano al podio. Russo ne ha fatto fuori due di qualità come il cubano Larduet che sembrava il nuovo Felix Savon e l’azero Mamadov, argento iridato e oro europeo, giovani ambiziosi e plurititolati. Si sono fermati anche altri favoriti, dal russo Beterbiev bicampione d’Europa, campione del mondo 2009, l’americano Michael Hunter e l’algerino ChouIb Bouloudinats, l’unico africano con reali ambizioni di podio. Ieri sera all’Ex-cell, come sempre esaurita, i Giochi hanno assegnato le prime cinque medaglie d’oro. Detto dei massimi, che ha messo sul podio più basso, il bulgaro Tervel Pulev, molta forza e una boxe ruspante e l’azero Mamadov, il confronto nei superleggeri merita la palma del più bello in assoluto della giornata. Si sono affrontati il cubano Sotolongo e l’ucraino Berinchyk, classica sfida tra tecnico e demolitore. Tre round intensi ed emozionanti, che la miglior scuola pugilistica del cubano ha dominato ma non è stata una passeggiata. C’è voluto il miglior Sotolongo per domare il vice campione del mondo, tecnicamente modesto ma infaticabile negli assalti e nel colpire con larghi ganci che l’attenta guardia del caraibico attutiva. Nove minuti ad alta intensità combattiva, con punte tecniche altissime. Attacchi e repliche nel segno di altissima qualità. Visto che la Coppa Val Bakker per il miglior pugile, nel 2008 è stata assegnata a Lomachenko (Ucraina) anche se l’avrebbe meritata Cammarelle, stavolta potrebbe essere il turno del cubano. Due verdetti lasciano l’ombra del dubbio. Nei 49 kg. il cinese Zou, porta a casa il secondo oro a cinque cerchi, offrendo la sua boxe furba al limite delle regole, scarna ma redditizia che fa gioco contro la generosità del tailandese Pongprayon, un piccoletto tutto ardore, poco pagato dai giudici e punito dall’arbitro con un richiamo di troppo nel terzo round. L’altro verdetto dubbio riguarda il successo del medio nipponico Murata (secondo nella storia del Giappone), contro il mancino brasiliano Falcao Florentino che dopo una prima ripresa, tatticamente sbagliata, accettando la corta distanza, favorevole all’orientale, cambiava sistema, colpendo con diretti che tenevano lontano l’avversario a disagio in questa situazione. Clichè che permetteva al brasiliano di recuperare il disavanzo e sperare anche nel successo. A pochi secondi dal termine, l’arbitro polacco lo richiamava ufficialmente e consegnava a Murata l’oro olimpico, con un 14-13 che sapeva di beffa immeritata per Falcao. Nei gallo il derby tra Campbell (Gran Bretagna) e l’irlandese Nevin, andava al primo con pieno merito. Il mancino di Sua Maestà, sapeva anticipare Nevin, apparso meno brillante della semifinale in cui aveva dominato il cubano Alvarez Estrada. L’irlandese sceglieva male il tempo delle repliche e cadeva sul destro di un Campbell tatticamente perfetto. Svaniva per Nevin il sogno di un oro che pareva alla sua portata. Mentre i padroni di casa segnavano la prima casella d’oro. Il medagliere vede in testa l’Ucraina con due ori un argento e due bronzi, seguita dai padroni di casa: due ori e un argento, quindi Cuba due ori e un bronzo, un oro a Giappone, Kazakistan e Cina. L’Italia con due argenti e un bronzo è dietro le sei premiata con l’oro. Per dovere di cronaca giusto ricordare la qualità del servizio dato da Sky, che ha trasmesso tutti e 272 incontri, oltre al torneo femminile, con Mario Giambuzzi che ha dimostrato ancora una volta come si commenta la boxe, preparandosi e non andando mai fuori dal buongusto e il supporto di Patrizio Oliva, indimenticato campione olimpico, europeo e mondiale nei professionisti, oltre che ct. della Nazionale per molti anni. Una voce appassionata e competente, sempre misurato anche se la sua origine napoletana spunta fuori ogni volta che combatte un pugile della sua terra. Un bel tandem che merita gli applausi.