Il talento delle utilitarie. Piccole automobili per viaggiare con gentilezza
I pregi ed i vantaggi di guidare minuscole auto, che richiedono di lasciare a casa la fretta. La filosofia esula dallo stato sociale – Elisabetta Tiveron – Il talento delle utilitarie. Piccole automobili per viaggiare con gentilezza -
Ediciclo editore - Pag. 96 – Euro 9.50.
di Giuliano Orlando
Per uno, come il sottoscritto che, partendo dalla Vespa fino agli anni ’70, arrivando al traguardo delle quattro ruote, dove la Panda, meglio la pandina è stata la compagna fedelissima per oltre quarant’anni, la tematica mi coinvolge direttamente. Dal primo acquisto nel 1984, la Panda 30 col motore praticamente della 600, all’ultima Panda 40, acquistata nel 2002 e tenuta fino al 2018, posso ritenermi un fedele compagno di questa utilitaria favolosa. Trasmesso a una delle mie due figlie Cristina, che guidò per anni con estrema eleganza e orgoglio la storica Citroen 2CV, la preferita dai giovani. Ricordando che nei primi anni ’90, la Panda fu la prima vettura a conduzione elettrica. Un primato che pochi conoscono. Il “Talento delle utilitarie” è una dichiarazione d’amore verso tutte le vetture che hanno nelle dimensioni minime e nell’utilizzo che non contempla fretta e velocità, la loro identità. La filosofia è racchiusa in una domanda: cosa cerco nel viaggio? Esulando dalla posizione sociale, configurazione che erroneamente o meno, valuta la dimensione dell’auto alla categoria di appartenenza, la vettura piccola, è una scelta di vita che riflette il carattere e l’utilizzo. Il ceto sociale prescinde dalla scelta delle quattro ruote. Anche se per molti è la vetrina che ti cataloga, per fortuna un fatto personale, parere condivisibile o meno. Non fosse così, le piccole auto non sarebbero le più vendute. E pure le più simpatiche. Personalmente, trovo l’attuale 500 Fiat un capolavoro di essenzialità ed eleganza. Anche se la lievitazione del prezzo ne diminuisce le vendite. Rientro nel tema con l’autrice che affronta le problematiche derivate da una situazione che si pone relativamente alla posizione dei figli nei confronti dei compagni, i cui genitori posseggono auto più appariscenti. Momenti imbarazzanti, quando vengono apostrofati dall’amico con un perentorio: “La vostra auto? Quella roba bianca parcheggiata giù”. Ignorando il fatto che piccolo può anche significare essenziale. Qui l’autrice cerca di metterla sulla filosofia e sulla comodità. Esiste anche una scelta ulteriore. Tentare di invadere il meno possibile lo spazio comune. Che non è solo misurabile in metri, ma comprende l’alba e il tramonto, la strada e quindi il territorio. Chi conduce una piccola automobile con la spirito giusto, non prova l’impellenza del sorpasso, semmai il desiderio di osservare, catturare con gli occhi tutto ciò che ti circonda, il bello e il brutto, per immagazzinarlo nel comparto dei ricordi, come ulteriore ricchezza. In questo lungo viaggio in cui si alternano considerazioni personali e vicende di famiglia, che ricordano un passato vicino e lontano, fondamentale mettere a fuoco quanto la piccola vettura sia determinante per far dialogare le più diverse generazioni. Dagli studenti alla mezza età, con scarse disponibilità economiche. Un ritorno a quel romanticismo che ha come comune denominatore l’utilitaria. Per chiudere, l’avventura (non l’unica), intrisa di paura quando il copertone della ruota anteriore destra si squarcia. La Pandina viaggia su un viadotto senza corsia d’emergenza e i Tir sfrecciano come incubi. Che fare? La salvano una guardia forestale e un pandista vintage che transitano e si fermano in contemporanea. Capiscono la situazione e i due angeli, la risolvono in meno di dieci minuti. Un piccolo ma prezioso libro in piccolo formato tutto all’insegna di un detto senza tempo: chi va piano, va sano e va lontano.
Giuliano Orlando