Intervista esclusiva a Guido Vianello, dopo lo stop contro Torrez

Pubblicato il 28 aprile 2025 alle 10:04
Categoria: Boxe
Autore: Wilma Gagliardi

 Intervista esclusiva a Guido Vianello, dopo lo stop contro Torrez. 

Dai primi pugni nel 2011 a 17 anni ai Giochi di Rio 2016, passando da europei e mondiali. Persa una battaglia prepara la riscossa. Prossimo alla laurea in Scienze Politiche.


di Giuliano Orlando

Il primo a parlarmi di Guido Vianello fu Maurizio Stecca nel 2011, responsabile della nazionale giovanile: “Ho portato in Polonia un romano di 17 anni, lungo, lungo e magro, magro. Si chiama Guido Vianello, arriva dal tennis e non ha un filo di muscoli, faccia da ragazzino per bene, non parla molto, educato e attento. Ha pochissimi match. Campione italiano jr. l’anno scorso a Catania, debuttando praticamente per l’occasione. Se avrà pazienza e costanza potrebbe diventare un bel massimo”. Da inguaribile curioso, iniziai a seguire con attenzione il giovane romano, argento ai campionati youth 2011 a Grosseto, battuto dal più esperto casertano Tommaso Rossano, l’unico italiano a vantare una vittoria sul romano. Nel maggio 2011 l’esordio azzurro nel dual match a Konin in Polonia, contro Lukas Sipowcs: una vittoria a testa. Due mesi dopo è in Irlanda a Dublino, rientra in Italia e combatte a Lignano e Aprilia.

Nel 2012 lascia la palestra dove aveva mosso i primi passi, la Boxe Roma XI e passa alla Phoenix Gym a Pomezia, diretta da Simone D’Alessandri, un giovane tecnico che lo segue tutt’ora. A novembre a Catania, vince il tricolore di categoria, battendo i due avversari prima del limite. Un mese dopo prende parte ai mondiali di categoria a Yerevan in Armenia, incontrando all’esordio l’inglese Hughie Fury, cugino di Tyson Fury, vincendo facile il titolo. L’illustre zio Fury si è appena ritirato, dopo essere stato per un decennio ai vertici dei massimi. Un fenomeno in tutti i sensi, talento e follia in simbiosi. Hughie, già a Yerevan, era ritenuto destinato a sostituire lo zio. Previsione errata. Passa pro nel 2013 a 19 anni, guidato da una famiglia dove si mangia pane e boxe, col padre Peter allenatore, affiancato da zii e cugini. Nel 2017, fallisce il tentativo mondiale, battuto dall’australiano Joseph Parker per il WBO a Manchester. Attualmente presenta un record di 30 vittorie e 3 sconfitte che oltre a Parker, portano le firme di Kubrat Pulev a Sofia nel 2018 e del russo Alex Povetkin a Londra nel 2019. A trent’anni, difficilmente raggiungerà i traguardi che aveva sognato                                                                                                                                                         

Torniamo a Guido, che avanza a piccoli ma significativi passi. Nel 2012, conquista il suo primo torneo youth in Ucraina. Nel 2013 a Galliate nel novarese, festeggia l’ingresso nella Forestale, vincendo il titolo assoluto a soli 19 anni, battendo in finale il campano Eugenio Indaco, 24 anni, dal talento straordinario buttato al vento. In quell’occasione osservo da bordo ring, il giovanotto. Bene impostato, molto scolastico, da costruire muscolarmente. In compenso usa l’intelligenza per sopperire quanto gli manca sul piano fisico. Sarà l’unica sua partecipazione agli assoluti. Da quella vittoria è titolare in nazionale fino al 2018, e il sottoscritto ha modo di seguirlo da bordo ring in molte occasioni. Nel gennaio del 2015 a Miami in Florida, con i Thunder Italia in gara per le World Series, ottiene un successo importante contro l’esperto locale Cam Awesome (133-34), attivo nei dilettanti dal 2007 al 2020. Titolare azzurro agli europei 2015 in Bulgaria, nel 2017 a Karkiv in Ucraina e nella stessa stagione al mondiale ad Amburgo in Germania. Nel 2016 a Samsun in Turchia, fallisce la qualificazione per Rio, che raggiunge qualche mese dopo a Baku in Azerbajan. 

Ai Giochi in Brasile 2016 arriva con le pile scariche, dopo un tour pazzesco per qualificarsi. In molti di questi impegni, ho avuto modo di parlare con Vianello, scoprendo uno straordinario giovane uomo, ricco di buon senso e autodisciplina esemplare. Questo, nonostante abbia subito un numero di sconfitte ingiuste da primato. In particolare con i russi Babanin e Omarov, ma non solo, a conferma di una sudditanza russa da parte dei giudici che ancora oggi non è svanita del tutto. La prima intervista diretta avviene a Samokov agli europei 2015, scandalosamente battuto dai giudici e non certo dal mancino Omarov. Nell’occasione apprezzai la sua maturità, esprimendo delusione, ma anche la volontà di recuperare il sia pure ingiusto stop. Stesso atteggiamento anche negli anni successivi con i verdetti che capovolgevano la realtà vista sul ring, dai mondiali alle World Series. Inizia l’ultima stagione in maglietta (2018), battendo in febbraio a Roma, il brevilineo Mihai Nistor, un romeno capace di spedire l’inglese Anthony Joshua KO agli europei 2011 ad Ankara in Turchia. Nistor nella lunga carriera vanta successi su Omarov, Clarke, Hrgovic, Pfeifer, Wallin e i nostri Federici e Russo. Vianello, battuto nel 2016, si prende la rivincita a distanza di due anni.

Sempre per le World Series nel mese di marzo a Cernusco sul Naviglio, zona Est di Milano, affronta l’inglese di colore Frazer Clarke, muscolarmente più forte che lo supera ai punti. Il romano è mentalmente stanco e le due successive sconfitte, peraltro immeritate, lo decidono a passare professionista. Il suo maestro Simone D’Alessandri, aveva contattato Bob Arum il titolare della Top Rank, ben lieto di inserire Vianello nella sua scuderia. Debutta l’8 dicembre 2018 al Madison di New York, contro Luke Lyons che arriva dal Kentuky e finisce Kot al secondo round. Nel 2019 combatte ben cinque volte vincendo sempre prima del limite. Il lockdown dovuto al Covid lo tiene fermo fino ad ottobre, anche se avrebbe dovuto combattere mesi prima. Purtroppo gli avversari, per motivi vari, al momento del match danno forfait. Compreso il nigeriano Kingsley Ibeh, di stanza a Phoenix in Arizona, che fa slittare la sfida da luglio al 3 ottobre, costringendo Vianello ad interrompere gli allenamenti per non rischiare il surmenage. I due si confrontano all’MGM di Las Vegas e Ibeh cerca di far valere l’indubbia potenza, Vianello è abile ad evitare la corta distanza, ma non va oltre il pari. Che Ibeh fosse un rivale pericoloso lo conferma il seguito della carriera. Dal 2021 ha vinto gli ultimi dieci incontri, nove per KO. Il 28 ottobre 2022 Guido torna a casa e affronta sul ring di Roma, lo scozzese Jay McFarlane che batte ai punti sulle otto riprese. Torna negli USA e il 14 gennaio 2023, combatte nel New Jersey a Verona, dove conosce la prima sconfitta per arresto del match al settimo round.

Causa dello stop una ferita di Vianello al sopracciglio sinistro, che il medico ritiene pericolosa, Vince Jonathan Rice, californiano di Los, senza alcun merito, visto che i tre giudici avevano Vianello in largo vantaggio. Riprende in ottobre a Rosenberg nel Texas e supera il veterano Curtis Harper. Al Madison di New York, inizia bene il 2024 a spese del modesto Moses Johnson, regolato in meno di una ripresa. Il 13 aprile sul ring di Corpus Christ nel Texas, la sfida tra Vianello e il nigeriano Efe Ajagba di stanza a Stafford nel Texas, sui dieci round, vale il Silver WBC massimi. Match intenso e tosto. La prima parte è tutta per l’italiano, preciso e deciso, nella seconda l’africano impone lo scambio a corta distanza. Giudici divisi, due premiano Ajagba che vince tra i fischi del pubblico. La maledizione delle sconfitte a maggioranza sembra non finire mai. Lungi dalla rassegnazione, il manager Simona D’Alessandri accetta per Guido il confronto col gigante russo Arslanbek Makhmudov, residente a Quebec City in Canada, che a Milano nel 2015 aveva battuto Vianello per ferita alla quarta ripresa. L’italiano il 17 agosto scorso, va nella tana dell’orso russo e gli impartisce una lezione. Mai visto un Vianello così cattivo e continuo. Lo imbottisce di diretti e montanti senza soluzione di continuità. Una mattanza che l’arbitro ferma all’ottavo round, con Makhmudov l’occhio sinistro chiuso e la faccia gonfia, senza aver vinto un solo round. L’impegno successivo si chiama Richard Torrez e il match si svolge il 5 aprile scorso a Las Vegas. Vianello perde troppo nettamente la sfida per rispecchiare la reale superiorità dell’americano. Il perché della sconfitta l’abbiamo chiesto a Guido Vianello, che nel nome di un’amicizia di vecchia data e in esclusiva, l’ha spiegata con grande sincerità, aggiungendo che lo stop deve essere lo sprone alla riscossa.                                                                                                                                                          

 Più che un’intervista è stata una chiacchierata tra amici che si stimano reciprocamente.                                                   

Chiedo. C’è un vecchio proverbio, sempre attuale che afferma: puoi perdere una battaglia, importante è vincere la guerra. Diciamo che lo stop di Las Vegas, contro Richard Torrez jr. è stato un episodio sia pure negativo. Sei d'accordo?                                                                                                                                                                

Sono d’accordo con il tuo proverbio e ti confermo che per quanto riguarda me e il mio team, la sconfitta con Richard Torrez è stato solo un episodio sia pure molto negativo. Dopo il match mi sono preso una settimana per me stesso, per riflettere a 360 gradi sull’accaduto. Prima nel deserto del Nevada e poi sulle spiagge della California, da solo, come doveva essere in quel momento.                                                                                                                                                                        

Ripartiamo da prima del match, la preparazione e la presentazione. Cosa non faresti nell’allenamento e come ti approcceresti alla chiassosa e americana vigilia?                                                                                                         

Dopo il match di agosto in Canada contro Makhmudov, che mi ha permesso di scalare le classifiche mondiali, ho cercato una sfida importante con un grande nome come avversario. Abbiamo provato con il mio team a chiudere accordi tra Inghilterra e Ryad, purtroppo non ci siamo riusciti e questo mi ha fatto perdere del tempo prezioso. Ho chiuso l’accordo con Torrez che mi trovavo a Ryad, ad aiutare Joseph Parker per la sfida contro Dubois. Il camp per preparare il confronto con Richard è iniziato all’ultimo minuto, un mese e mezzo prima del match.                                                       

Dopo il match con Torrez, ognuno ha detto la sua, del perché hai perduto. Dimenticandosi che l’unica verità la puoi raccontare tu. Vuoi provarci?                                                                                                                                    

Dopo Ryadh ho fatto un mese completo di allenamento a Roma, la mia amata città, a casa mia. Sono stato benissimo, felice, circondato dai tutti i miei affetti. Dopo questo match perduto, ho realizzato che nel nostro lavoro è necessario uscire sempre dalla zona di comfort. Stare troppo a proprio agio ti rende una persona normale, non un pugile affamato di vittoria. Nelle due settimane precedenti al match, mi sono ritrovato a Las Vegas col mio nome sugli enormi schermi della città. Tutti a volermi intervistare e parlarmi, è stato un bel momento, però non ero abituato a gestirlo. mentre le mie energie poco a poco andavano a disperdersi fuori dalla mia persona. La concentrazione si volatizzava. Cosa non rifarei tornando indietro, amico mio?  Semplice: dopo il match vinto ad agosto, mi concederei non più di 4/5 giorni e subito dopo tornerei in palestra, senza distrazioni, con le pochissime persone del mio team per riprendere a lavorare in silenzio, senza pensare troppo al prossimo match. L’attesa così lunga tra l’incontro con Makhmudov e quello con Torrez mi ha segnato troppo.                                                                                                                                                

Parlando con Simone D’Alessandri, ho chiesto perché non siete interessati all’europeo.  La risposta è stata che purtroppo le borse da queste parti sono modeste e gli organizzatori proteggono molto i loro campioni. Sei d’accordo, riservando il traguardo europeo a fine carriera?                                                           

L’europeo è stato preso in considerazione in quella fase dove aspettavo il match per Ryadh ma non abbiamo concluso. L’unica certezza era e resta per me la Top Rank di Bob Arum. Il team mi stima, sanno chi sono e mi fanno combattere.                                                                                                                                                     

 In cosa ti ha sorpreso Torrez, tatticamente parlando.  Il richiamo alla seconda ripresa te lo aspettavi?                                                         Il richiamo alla seconda ripresa mi ha sorpreso molto e destabilizzato ancora di più. Non posso però fermarmi a questi inconvenienti arbitrali, è mio dovere andare oltre e trovare subito un piano B per ottenere la vittoria. Adesso è compito mio e del mio coach Simone, prenderci cura di questi dettagli tecnici. Migliorerò, sono un buon pugile ma non ancora forte. Lo diventerò un giorno non troppo lontano.                                                                                                                                                                     

Come trascorri le vigilie dei match più impegnativi? Sei superstizioso? Qualche gesto carismatico?                                 

Prima dei match faccio molta respirazione, stretching, leggo e cerco di stare sempre molto attivo. Non ho particolari superstizioni.                                                                                                                                                                          Caratterialmente come ti definiresti? C’è chi pensa che sei troppo buono e tranquillo per mettere veleno durante il match. Concordi o dissenti?                                                                                                                         

Caratterialmente mi ritengo giusto per questo sport. La famosa cattiveria alla MiKe Tyson è un’arma a doppio taglio. Ho affrontato pugili duri come Ajagba e Makhmudov con la concentrazione e lo spirito combattivo giusti, grazie alle mie fonti di energia interne che non sono la cattiveria da strada, ma tante altre cose più sagge.  Vivere il presente, amare tutto ciò che fai e difendere i tuoi valori sul ring. Come andassi in battaglia.                                                                                                                                                      

Da tempo trascorri lunghi periodi negli USA, lontano da casa, Da romano doc ti pesa questa situazione. In particolare l’assenza della famiglia quanto pesa? Come mantieni i rapporti con i genitori. Papà ti dà consigli?                                                                                                                     

Mio padre mi ha sempre seguito con attenzione, dopo l’ultimo incontro ho deciso che sarà lui a coordinare tutto il mio staff. Siamo un grande team e con lui a supervisionare faremo un ottimo lavoro, un grande uomo e di lui mi fido. Ora c’è tanto da fare.                                                                                                                                                                  

L’avversario che ti ha impegnato di più?                                                                                                                                           

Oltre a Torrez, con il quale non ho trovato la chiave di lettura del match, mi ha impegnato molto Efe Ajagba sui 10 round. Io non ho lavorato bene nella fase centrale dell’incontro. Lui invece è rimasto solido e concreto per tutto il match. Grande avversario e grande persona! Tifa per me, come io per lui.                                                                                                                                                             

Affronteresti ancora Torrez? Considerato che per la tua boxe è tipo scomodo?                                                                                    Torrez lo riaffronterei domani. Non ci dormo la notte. Ma non è da escludere possa esserci la rivincita.

Quando tornerai negli USA e come imposterai il lavoro?                                                                                                           

Da maggio inizia un duro e lungo programma in sala pesi col mio preparatore Riccardo Zannoni. A luglio ci sposteremo in America con Simone D’Alessandri. Prevedo il rientro sul ring subito dopo l’estate.                                                                                                           

Una volta appesi i guantoni al chiodo, come vedi il tuo futuro.                                                                                            

Quando lascerò l’attività agonistica, mi piacerebbe avvicinarmi al mondo della politica dello sport. Mi manca solo l’esame di Macroeconomia, previsto a giugno per la mia laurea in Scienze Politiche presso l’università Luiss di Roma. Un’altra bella sfida che mi entusiasma. 

Giuliano Orlando