Maurizio Zennoni, un maestro di boxe e di vita, che ha lottato fino all’ultimo contro il destino

Pubblicato il 10 novembre 2017 alle 17:35:13
Categoria: Boxe
Autore: Luca Servadei

Maurizio Zennoni, uno dei più popolari maestri di pugilato, ci ha lasciati a soli 59 anni. Chi segue le vicende della noble art non può non averne sentito parlare. Era nato a Montebello di Corniglio nel 1958, sull’Appennino parmense, poco lontano da Langhirano, il paese dove si producono i prosciutti tra i più apprezzati nel mondo. Motivatore instancabile, con la sua dialettica, sapeva infondere ai numerosi allievi quella forza di volontà, diventata la sua religione sportiva. Viso affilato, un naso importante, sapeva far ridere gli occhi. Portava capelli discretamente lunghi e baffi vagamente alla Gengis Khan. L’ho conosciuto parecchi anni addietro e ritrovato centinaia di volte agli appuntamenti di ring. Siamo andati diverse volte a fare jogging. Possedeva le qualità essenziali per chi ha scelto di far crescere i giovani in palestra. Lottatore veramente indomabile, ha condotto l’ultima battaglia con la dignità dei forti. La compagna Roberta e il fedelissimo aiutante e collega di palestra (Boxe Parma) Matteo, sono rimasti al suo fianco fino all’ultimo istante, con una forza d’animo incredibile.

La boxe gli era entrata nel cuore fin dal primo approccio. Ricorda: “Avevo appena finito le medie e i miei genitori decisero di farmi studiare da geometra a Parma. In quel periodo iniziavano a trasmettere in televisione i primi incontri di pugilato e quello sport di confronto mi incuriosiva ed entusiasmava. Ero timido e mi feci accompagnare alla Boxe Parma da un amico. Mi venne incontro Odino Baraldi il presidente e dopo pochi mesi debuttavo sul ring. Non ero male, molto veloce e mobile ho vinto tanto anche se qualche sconfitta l’ho rimediata”.

A 21 anni decide di passare professionista. Vince i primi due incontri ma capisce che le mani non reggono l’impatto dei colpi. “Avevo mani da pianista, affusolate molto femminili e mi ritrovai con diverse fratture. Una delusione tremenda, tanto che per diversi anni uscii dal quel mondo che amavo tanto, ma che mi aveva cancellato il sogno di una carriera”. Quanto torna a respirare l’aria della palestra è un uomo fatto, capelli lunghi e fluenti, il primo accenno al disegno dei baffi all’orientale e una determinazione da missionario. I ragazzi ne sono affascinati, la sua dialettica li conquista. Lui procede come un tir. Ovunque insegna ha successo. Qualcuno storce il naso, ma lui ignora chi lo invidia, ma non l’ammette. Alle sue lezioni si avvicinano i professionisti e nel suo carnet il numero aumenta sistematicamente. “Ho allenato nove campioni d’Italia, due europei e Giacobbe Fragomeni, mondiale massimi leggeri al quale voglio bene come un fratello maggiore”. A chi gli chiedeva cosa trovasse nella boxe rispondeva sicuro: “La boxe aiuta l’autostima, fa diventare uomini leali e coraggiosi. Chi pratica pugilato sa che una delle regole fondamentali è il rispetto dell’avversario. Al termine dell’incontro ci si abbraccia; non deve mai succedere che un rivale sul ring venga deriso o sbeffeggiato al termine del match”. Per Zennoni la boxe è sempre stata come una partita a scacchi in cui servono strategia, intelligenza e riflessione. La sua missione era orientata a sfatare la credenza secondo cui il pugilato è uno sport violento, cercando per contro di far passare il messaggio che sul ring la violenza é lasciata fuori.

Quando nel 2014, l’AIBA, al congresso tenutosi a Je-ju, isola coreana, decise di dare atto ad un piano eccentrico, estromettendo i pugili professionisti che non fossero inseriti nell’APB e la FPI, con molto giudizio aprì alla Lega Pro, presieduta da Carlo Nori, con molto vigore Maurizio Zennoni si dichiarò favorevole all’iniziativa, visto che in quel momento la situazione era delicata e si rischiava una spaccatura storica dalle conseguenze pesanti.

Nel 2015 nella palestra di Matteo Salvemini a Bollate (Mi) è stato protagonista del lungometraggio di sette puntate: “Ti aspetto fuori”, assieme a Rocky Mattioli, che ebbe un grande riscontro mediatico sull’emittente Cielo. Gli era stato conferito il Guanto d’Oro dalle mani di Benvenuti, per la dedizione verso i giovani che praticano lo sport. Un mese addietro aveva promesso all’ex campione europeo dei medi, Matteo Salvemini di essere presente alle finali degli assoluti lombardi a Bollate di sabato e domenica. Ma il destino aveva deciso diversamente.

Maurizio lottava dal 2012 con un tumore nello stomaco, contro il quale ha combattuto col sorriso sulle labbra. Dopo il primo intervento, sembrava che quello che lui chiamava “lo stronzo” fosse stato debellato, purtroppo nel 2016 é riapparso. La scorsa settimana il ricovero all’ospedale di Parma, in condizioni disperate. L’ex iridato dei massimi leggeri Giacobbe Fragomeni, in allenamento a Torre Annunziata (Na), per un match previsto in Calabria, è rimasto molto scosso per la notizia e non ha parole per una scomparsa così brutale. Iccio Stecca l’aveva incontrato a Mondovì per gli assoluti giovanili e ne aveva riportato una buona impressione, anche se l’aveva trovato un po’ smagrito: “Abbiamo parlato dei ragazzi che frequentano la palestra e di quando veniva a Rimini pria da pugile e poi da insegnante. Sapere della sua scomparsa mi toglie il fiato”. Le cerimonia funebre si terrà sabato alle ore 11, partendo dalla palestra “Parma Boxe” in Via Silvio Pellico verso il cimitero di Valera, una frazione di Parma.


Articolo scritto da Giuliano Orlando.