Milan: da Berlusconi a Galliani, tutti i colpevoli della crisi

Pubblicato il 15 maggio 2016 alle 09:50:33
Categoria: Serie A
Autore: Redazione Datasport.it

Era una calda giornata di luglio 2012, da allora il Milan non fu più lo stesso. Il declino di una delle società più gloriose del calcio mondiale nacque proprio così: dopo uno scudetto perso tra mille polemiche (ricordate il gol di Muntari?), il club rossonero decise di intraprendere una strada coraggiosa ma allo stesso tempo molto rischiosa e di preferire le logiche di bilancio ai risultati sportivi. Col senno del poi mai scelta fu più scellerata. La doppia cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva al Psg diede il via ad una valanga che di lì a poco avrebbe travolto tutto l'ambiente Milan.

In seno alla società, nel frattempo, si stava consumando un dualismo tra Barbara Berlusconi e Adriano Galliani che avrebbe portato nell'autunno del 2013 alle dimissioni (prima irrevocabili e poi puntualmente revocate) dello storico ad. A farne le spese fu il ds Ariedo Braida, scopritore di talenti del calibro di Kakà, che puntualmente trovò facile ricollocazione al Barcellona come uomo chiave del mercato estero.

Nel frattempo al Milan, si raggiunse un compromesso con Barbara ad nella sfera commerciale (valorizzazione del brand, marketing ecc.) mentre Galliani si 'accontentò' di proseguire il suo cammino da ad della parte sportiva. In queti ultimi anni, dunque, il mercato è stato portato avanti in prima persona soltanto dallo storico dirigente rossonero, finito nel mirino della critica dei tifosi per scelte quanto meno discutibili.

Nell'estate scorsa, dopo diverse stagioni a basso budget, Galliani ebbe a disposizione oltre 90 milioni e si 'accontentò' di comprare Bacca e Bertolacci dopo gli affari sfumati Jackson Martinez e Kondogbia. In difesa prelevò dalla Roma Romagnoli, fortemente voluto da mister Mihajlovic, mentre a centrocampo come colpo last minute si scelse Kucka dal Genoa (società molto vicina alle vicende del Milan in sede di mercato). Infine, dopo mesi ad inseguire Ibrahimovic, ecco rispuntare in attacco Balotelli, ormai un peso per il Liverpool.

I tifosi rossoneri, già scottati per l'ancora inspiegabile esonero di Seedorf (succeduto ad Allegri nel gennaio 2014), avevano vissuto un 'annus horribilis' nel 2014-2015 sotto la guida Filippo Inzaghi. SuperPippo, uomo simbolo dei successi rossoneri in giro per il Mondo, era stato mandato un po' allo sbaraglio ad allenare la prima squadra dopo l'esperienza nelle giovanili e la conquista del Viareggio con la Primavera. Ebbene, sotto la sua gestione il Milan chiuse al decimo posto in un campionato senza il minimo sussulto.

Berlusconi e Galliani decisero di cambiare rotta e sulla panchina chiamarono un sergente di ferro come Mihajlovic andando controcorrente rispetto al solito ritornello "Il Milan ai milanisti". Il serbo, dopo un avvio difficile, riuscì a compattare la squadra non lesinando spesso e volentieri delle critiche piuttosto aspre nei confronti di chi si impegnava meno. Il gioco latitava ma qualche buon risultato arrivava, vedi derby di ritorno e gara in casa con la Fiorentina. Molti calciatori erano schierati dalla sua parte e c'era unità d'intenti in buona parte del gruppo.

Da Silvio Berlusconi, però, continuavano ad arrivare segnali non incoraggianti. Il presidente rossonero, amante del 'bel giuoco' storceva il naso sull'atteggiamento tattico (4-4-2) di Mihajlovic che non prevedeva il trequartista e così, al primo vero filotto di partite negative, il tecnico serbo fu esonerato. Curioso come si sia scelto di cacciarlo dopo la sconfitta interna con la Juve, una delle migliori prove stagionali dei rossoneri. Il feeling tra Berlusconi e Sinisa non è mai stato idilliaco ma la scelta di allontanarlo a 6 giornate dal termine della stagione e con la finale di Coppa Italia da giocare appare quanto meno discutibile.

L'ex Cavaliere si affidò così a Cristian Brocchi, allenatore della Primavera. L'idea di gioco dell'ex centrocampista ha entusiasmato fin da subito il numero uno rossonero grazie al ritorno al 4-3-1-2 di Ancelottiana memoria. Rispetto alla squadra che conquistò la Champions nel 2003 e nel 2007, però, gli interpreti sono cambiati considerevolmente. Brocchi ha rispolverato Boateng (tornato in inverno dopo mesi di inattività in Germania) nel ruolo di trequartista ma il ghanese si  è dimostrato un lontano parente di quello ammirato nella stagione dello scudetto 2010-11. Il tecnico ha sperimentato diverse soluzioni senza trovare il bandolo della matassa e i risultati parlano chiaro: due vittorie risicate contro Sampdoria e Bologna (in superiorità numerica per 80 minuti), due pareggi contro Carpi e Frosinone (entambi in casa) e due sconfitte col Verona praticamente retrocesso e con la Roma. Mihajlovic ha lasciato la squadra al sesto posto con un punto di vantaggio sul Sassuolo, il Milan ha chiuso il campionato settimo a -4 dalla banda di Di Francesco. Resta una finale di Coppa Italia da giocare che potrebbe garantire l'accesso all'Europa League in caso di vittoria sulla Juve ma l'attenzione è tutta rivolta alle vicende societarie.

Il futuro del Milan, infatti, si deciderà nei prossimi giorni: spetterà a Berlusconi capire se fare un passo indietro e cedere il club alla cordata cinese che, secondo quanto si apprende, sarebbe pronta a investire milioni per riportare ai vertici una squadra che sta vivendo un periodo di declino senza fine, sottolineato sempre più amaramente dagli ampi spazi vuoti di San Siro negli unici due anelli ancora aperti. La prossima stagione è ormai alle porte e il mercato è tutto da scrivere: il Milan ha bisogno di una svolta, per quanto possibile veloce e sicura. Negli ultimi anni sono stati compiuti troppi errori e il rapporto tra il club e i tifosi è ormai ai minimi storici.