Jake La Motta, il "Toro scatenato" degli anni ’40 e ‘50 ci ha lasciato a 96 anni

Pubblicato il 21 settembre 2017 alle 12:17:13
Categoria: Boxe
Autore: Luca Servadei

E’ stata una polmonite a fargli chiudere gli occhi per sempre. Giacobbe La Motta, Jake per tutti, ha salutato la compagnia alla bella età di 96 anni. La sua storia ha semplicemente dell’incredibile. Campione del mondo nei medi dal 1949 al 1951, sei incontri con Sugar Ray Robinson, la massima espressione della noble art, prima di arrivare alla vetta attraversò cento uragani, prendendo a pugni il mondo. Le sue imprese sul ring furono talmente spettacolari che meritarono uno dei film migliori della boxe. Lo girò Martin Scorzese nel 1983 e l’interpretazione di Robert De Niro fu superlativa, tanto da meritare l’Oscar. In quel periodo Jake La Motta ha vissuto la parte più serena e bella della sua vita. Aiutato da una salute di ferro, ha girato una ventina di film, tra cui “Lo spaccone”, prese parte a spettacoli in tivù e condotto anche trasmissioni di successo. Tutto questo dopo una vita iniziata e portata avanti nel segno della povertà e della violenza. 

Era nato il 10 luglio 1921 (Nat Flesher, il santone della boxe, ha sempre sostenuto sia nato nel 1922) dettaglio trascurabile. La famiglia La Motta, abita nel Bronx, uno dei quartieri più violenti. La prima cosa che il piccolo Giacobbe impara, è come difendersi e anche come attaccare. Il carattere non gli manca. Il padre, originario di Messina fa il venditore ambulante di articoli vari, gira per il quartiere su un carretto tirato da un cavallo dall’età indefinibile. Nel 1928, la famiglia si trasferisce a Filadelfia, altra metropoli dove la delinquenza fa parte della quotidianità. Giacobbe non è uno scolaro modello, sono più i giorni che bighellona tra le strette stradine e i negozi, tutti gestiti da emigranti: italiani, irlandesi, polacchi, svedesi ed ebrei. Qualche anno dopo torna a New York, sempre nel Bronx. L’esercizio abituale quotidiano è rubare, prima la frutta, esercizio che fa imbestialire i negozianti e i poliziotti. Poi i negozi con merce più importante. Il ragazzino è abile, ma lo sono anche i tutori dell’ordine. Al terzo arresto, il giudice lo spedisce nel riformatorio di Coxsackie a tempo indeterminato. La “vacanza” durerà tre anni e sarà determinante per il suo futuro. Ritrova l’amico delle scorribande Rocky Graziano, pugile e a sua volta campione del mondo, immortalato nel film “Lassù qualcuno mi ama” e tra una punizione e l’altra inizia ad apprendere i primi rudimenti della boxe, grazie all’intervento di padre Joseph, che aveva capito come la violenza del ragazzino fosse il frutto di tante ingiustizie subite a cominciare dal padre, pessimo esempio di genitore.

La boxe diventa il rifugio della sua esuberanza e l’arma da usare contro tutti e tutto. Ribelle totale, affronta il mondo schiumando rabbia. Come fa con gli avversari. Dopo una breve esperienza nei dilettanti, a vent’anni diventa pugile a pagamento. Nel disordine quotidiano, tra liti in famiglia, l’esigenza di doversi allenare, ma pure lavorare sul filo della legalità, il giovanotto ha chiara una cosa: deve diventare un campione, meglio il campione del mondo. Ha sempre vicino Pete, che come lui sceglie di diventare pugile, più di un fratello, un amico da sempre. Nel bene e nel male. Inizia molto bene, quasi sempre sui ring di New York, passando da un quartiere all’altro. La sua irruenza piace al pubblico che sta allargandosi. Al sedicesimo incontro il primo dispiacere, sul ring di Cleveland dove affronta il locale Jimmy Reeves, un torello come lui, che scambia colpi su colpi e dopo dieci round graditi dal pubblico i giudici premiano il ragazzo di casa. Un mese dopo, Jake ci riprova, ferito nell’orgoglio e sempre a Cleveland, rimedia la seconda sconfitta. Che sia la sua bestia nera? In realtà La Motta sta tribolando niente male. Il matrimonio sta andando a rotoli dopo neppure un anno e la ex sposa, ottiene dal giudice un risarcimento per il comportamento violento del coniuge e il sussidio mensile. Jake combatte spesso per voglia e necessità. Nell’anno del debutto, il 1941, disputa 20 incontri, 14 l’anno dopo e 13 nel 1943, dove affronta per tre volte Fritzie Zivic, i genitori arrivarono dalla Croazia, uno dei pugili più “sporchi” dell’epoca.

I suoi guantoni tagliano come lame di rasoio, usa gomiti e testa come arieti da guerra. Ha classe a cattiveria e batte due volte La Motta nella sua Pittsburg, ma alla terza prova il giovanotto del Bronx ha capito la lezione e lo sfinisce in dieci round. Nello stesso anno si prende la rivincita anche su Jimmy Reeves a Detroit spedendolo KO al sesto round. Nell’ambiente del boxing in quegli anni, la mafia al cui vertice comanda Frankie Carbo, detto “Il Grigio” uomo spietato, il pugilato rappresenta una delle fonti di maggior guadagno, tra scommesse e gestione dei pugili. La Motta è una delle pedine più interessanti, la sua boxe spettacolare piace al pubblico. Vittoria dopo vittoria, la NBA lo pone ai vertici dei medi. Al mondiale ci arriva il 16 giugno 1949 sul ring di Detroit battendo un grande della categoria, il franco-algerino Marcel Cerdan, costretto alla resa al 10 round, complice una spalla lussata fin dai primi round. Il ragazzo violento del Bronx ha vinto la sua battaglia, anche se alla fine ha dovuto sottostare alla legge del “Grigio”. Momenti di gloria sul ring, di follia in famiglia. Ha sposato una bellissima ragazza Vikki Thailer, conosciuta in una piscina del Bronx, lei ha 16 anni e lui 24. Dall’unione nascono tre figli: Joe, Chistri e Jack. L’amore si trasforma in gelosia folle. Vikkie vive sequestrata in casa, dove il marito la riempie di regali, ma gli rende la vita impossibile.

Questo nel fulgore della carriera, quando vince, difende e poi perde il titolo, tra il 1949 e 1951. Dopo Cerdan, mantiene lo scettro contro il nostro Tiberio Mitri, match intriso di glamour e sospetti. Il triestino ha una moglie altrettanto bella Fulvia Franco ex miss Italia che vorrebbe entrare nel mondo di Hollywood. La vigilia è torrida per entrambi i pugili, che hanno lo stesso problema con le rispettive mogli. Il match è un monologo per il campione, anche se Mitri dimostra coraggio e resistenza. Il secondo sfidante è il francese Dauthille, finito KO al 10° round, dopo aver rischiato di vincere. Quando arriva Sugar Robinson il clima dell’attesa aria alle stelle. E’ la sesta sfida e come sempre il tifo è diviso e le scommesse altissime. Il 14 febbraio 1951 a Chicago, vince Robinson KOT al 13° tempo, scalzando La Motta, dopo una battaglia che verrà ricordata per anni. Il resto dell’attività del pugile di New York pur buona non tocca più i vertici del passato.

Disputa l’ultimo match il 14 aprile 1954 in Florida a Miami Beach, battuto per split decision da Billy Kilgore. Ha 32 anni e una carriera alle spalle degna di uno dei grandi in assoluto. Il resto non è meno spettacolare, acquista night club e finisce al fresco per aver circuito una minorenne. Nel 1957 Vikki ottiene il divorzio, ma Jake non perde il vizio del matrimonio. Nel 2002 pronuncia il sesto sì col sorriso sulle labbra. Gli ultimi anni li trascorre tra interviste e ricordi. Ha messo da parte un bel gruzzolo e può permettersi di raccontare agli amici a agli ancora tanti fans, episodi di una vita da film. Si è spento serenamente nella casa di New York, attorniato dalla figlia Cristi e dagli amici.


Articolo scritto da Giuliano Orlando