Quando a 8 anni scelsi il mio supereroe: Roberto Baggio

Pubblicato il 18 febbraio 2017 alle 17:17:42
Categoria: Serie A
Autore: Piergiuseppe Pinto

Un bambino di 8 anni che nel 1994 non avesse una tv a colori in casa viveva una condizione simile solo a quella di un suo coetaneo indiano. Eppure quel bambino ero io, italianissimo di Milano. Colpa di due genitori stralunati che preferivano non alienarmi. Gli effetti, come potrete immaginare, sono stati disastrosi ma quella piccola scatola in bianco nero, su cui si cambiava canale tramite due rotelle - proprio come una messa a fuoco - mi ha regalato ancora oggi uno degli urli più gustosi e viscerali della mia vita.

Canotta bianca in cotone e pantaloni del pigiama azzurro ancora indosso, mi accingo a vedere gli ottavi di finale dei Mondiali Usa. È pomeriggio, fa un caldo maledetto a Milano. Sto in piedi solo davanti alla scatola: il divano è lontano e sono agitato. I "watussi" della Nigeria stanno vincendo, Pizzul, l'uomo che mi ha salvato l'infanzia pitturando con la sua voce di colori forti e caldi le immagini in bianco e nero, mi sembra sconfortato. E io di Pizzul mi fido. È la guida della mia giovinezza.

Mangio un panino alla Nutella, mia mamma è stralunata ma le merendine a casa non sono mai mancate. Non demordo, non possiamo uscire così. Vorrei dirglielo a Pizzul, vorrei essere io la sua voce per una volta. Roberto Baggio la sistemerà. Già, perché io a 8 anni non sono un tifoso di calcio, io sono un adepto di Roberto Baggio. Ho scelto la Juve come squadra del cuore all'asilo nell'estate che lui ha deciso di vestire quella maglia, in edicola volevo solo riviste con sopra il suo volto e quello di France Football con lui e il Pallone d'Oro l'ho consumato come neanche un giornalino con le donne nude. Ho costretto mia sorella a giocare a calcio con me in casa con il pallone di spugna per giornate intere e chiamarsi rigorosamente Robertina Baggio. Il Divin Codino era appunto una divinità, un supereroe, non un semplice mito.

Così quel pomeriggio, da solo davanti alla TV, con Pizzul che mi raccontava quello che le immagini nascondevano, ci credevo ancora. Non poteva finire così, solo, in quel salotto appiccicoso. Baggio non l'avrebbe mai permesso. E così fu, come nella migliore delle favole: il mio supereroe aveva poteri soprannaturali e le immagini che mi stregarono  arrivarono direttamente dagli Usa, ma il suo mantello era un Codino e  veniva dalla provincia di Vicenza quel gol all'88' mi ha fatto impazzire, inginocchiare e poi correre come un pazzo. Come neanche Tardelli. Eravamo noi: io, Baggio e Pizzul. Ce l'avevamo fatta.

È stato l'apice di una storia d'amore continuata con Spagna, Bulgaria e persino Brasile. Perché non esiste un amore senza lacrime e palloni lanciati verso il cielo. Poi ancora Bologna, la città dove sono nato e dove l'altro stralunato, mio papà, è cresciuto. Tutte le domeniche partire e fare due ore di macchina per vedere il Codino con la maglia rossoblú. L'abbiamo fatto davvero, perché "quando ti ricapita" vedere il Bologna schiantare il Milan 3-0; è successo ragazzi. E poi ancora quello spareggio Inter-Parma, dove disse solo al mondo "il calcio sono io".  La staffetta con Del Piero in Nazionale, il gol alla Juve con la maglia del Brescia.

Per me esiste un calcio a.B. e uno d.B. In mezzo c'è l'amore. Il resto può essere stato bello, ma non sarai mai lo stesso.