I campionati Lombardi all’insegna della globalità

Pubblicato il 13 novembre 2017 alle 15:44:57
Categoria: Boxe
Autore: Luca Servadei

A Bollate, cittadina a Nord Ovest di Milano, la famiglia Salvemini è una roccaforte della boxe da un ventennio. Papà Matteo, arriva in Lombardia da Barletta nel barese a 16 anni, accolto e ospitato da Enrico Oldani, fondatore della Unione Sportiva Lombarda e presidente della Lombardia. Il giovane si mette in luce con quella boxe mancina carica di potenza. Nel 1974 vince il titolo italiano e l’anno dopo i Giochi del Mediterraneo ad Algeri. Nel ’77 passa professionista sotto l’egida della Totip dei Branchini. Diventa campione italiano nel ’78 a spese di Faciocchi, lo difende contro Felicioni e Cirelli a Roma. Il 10 novembre 1980 sul ring di Sanremo scalza l’inglese Finnegan dall’europeo medi. Lo perde a Londra tre mesi dopo contro Sibson. Ormai è appagato, il resto della carriera è routine. Per anni fa da spettatore, ma il virus in guantoni non si è mai spento.

 

Nel 2005 col fattivo supporto della moglie Carmela e del figlio Marco, che ha fatto esperienza come dilettante, fondano l'Associazione Sportiva Dilettantistica Boxe Club Bollate. Talmente bella che nel 2012 i Negritas, gruppo musicale di serie A, girano una cover e nel 2015 l’ancor più importante lungometraggio di sette puntate: “Ti aspetto fuori” assieme a Rocky Mattioli e al compianto maestro Maurizio Zennoni recentemente scomparso. Col quale era legato da grande amicizia e stima, che ebbe un grande riscontro mediatico sull’emittente Cielo. Da anni è attiva anche sul piano organizzativo, l’ultima fatica, portata a compimento brillantemente, gli assoluti elite lombardi, nel Palasport che ha fatto riscontrare l’esaurito nelle due serate conclusive.

 

Dopo il turno delle semifinali, dove si assiste all’eliminazione a sorpresa di alcuni favoriti, tra cui Faretina (APOT) messo sotto dalla continuità di El Toy nei leggeri, allievo di Sirtori maestro di antica data di Siino (Molonlabe) il cui fraseggio tecnico non è bastato per tenere il passo di Maraja (Caloi), che ha dato sostanza alle azioni coordinate e precise. Buone le prove di Amico (Caloi) contro l’inesauribile Cavazzi (Island) nei 64 kg., di Alcantara (Comense) nei medi e di Franceschi (Island) di fronte a Dioual (Doria) e Minorini (Segrate) apparsi superiori. Le finali hanno confermato la crescita di alcuni giovani, come il ricambio in  molte categorie. Dei campioni 2016 si è confermato solo Minorini negli 81 kg.  Tema comune l’ardore combattivo dei pugili, i giudici hanno svolto bene il compito: nessuno fuori punteggio.Un buon lavoro.

 

Nei massimi Jonathan Kogasso, 23 anni, atleta proveniente dal Congo, secondo l’anno scorso, allievo di Vincenzo Gigliotti e Vincenzo Belcastro (Bulli e Pupe) di Voghera, conquista il titolo senza combattere per il forfait di Cantamesse (Bergamo). Il giovanotto, mi assicura Gigliotti è molto migliorato e visto il fisico statuario potrebbe essere una sorpresa. Nei gallo, Jerome Aquino Bien (Segrate) radici filippine, 22 anni, studente in scienze motorie, ritrova in finale Antonio Laurini (Palumbo) un guerriero indomito campione uscente, proprio a spese di Jerome. Stavolta le cose cambiano: Aquino anticipa con bella personalità per due round, mostrando combinazioni apprezzabili, contro cui si frangono gli assalti del rivale. Nel terzo round Laurini tenta il tutto per tutto, ma non basta. Vittoria di misura ma giusta per Bien che si scioglie in lacrime al verdetto.

 

Tra i leggeri altra rivincita. Mohamed El Toy (Island) ha già superato l’allievo dei Bugada, Carlo Kummer uno che alla battaglia ci sta. Match infuocato, scambi a go-go e  sia pure di poco, è ancora il ventenne El Toy, italiano al 100%, padre egiziano a far suo il verdetto. Superleggeri con l’allievo di Caloi, l’albanese Bruno Maraja, entro il 2018 assicura, sarà italiano e Alessandro Cavassi (Island) che capisce subito come la precisione e potenza di Bruno gli vietano sogni di gloria. Due esempi di sportività e correttezza. Cavazzi due lauree e voglia pazza di boxe, Maraja impiegato in ufficio tecnico, sono la faccia bella della noble art, guidati da maestri come Sirtori e Caloi che non insegnano solo   a tirare pugni ma a sapersi destreggiare nella vita rispettando le regole. I due welter finalisti sono Giorgio Mazzoleni (Frimas) club lecchese e Lorenzo Bologna (Domino)  del maestro Pino Caputo, che ha forgiato parecchi campioni. Due italiani a tutto tondo, che ben si conoscono. Questo è il quarto confronto, sempre a favore del valtellinese, la cui struttura organica è importante fin dai tempi delle giovanili. Purtroppo il salto di qualità è ancora da venire. Ugualmente batte ancora Bologna, che pure nel primo round lo aveva fatto contare. Poi il vigore atletico di Mazzoleni ha la meglio, anche se il gap si è accorciato e non poco.

 

Nei medi la battaglia più spettacolare. Protagonisti il marocchino Othmane Dioual (Doria) seguito all’angolo dall’ex iridato Kamel Bou Alì, tunisino in Italia dal ’70, che si coccola questo ventunenne che ha superato il grintoso Marcello Muccio, l’unico che nelle ultime tre stagione l’aveva superato. Stavolta Dioual ha saldato il conto. Tre riprese intense e di qualità, con il doriano (18 incontri all’attivo)  che lascia prevedere in prospettiva numeri importanti. Dura un solo round la sfida mediomassimi tra Federico Minorini (Segrate) e lo stagionato  Riccardo Merafina (Glorious), sempre generoso,  ferito dopo meno di un minuto e fermato dal medico. I giudici assegnato il round a Minorini che torna campione. Per i +91, di fronte Nestor Correa Mendez (The Ring), 24 anni, italiano di padre uruguajo, studente universitario e il romeno vicino ai 40 anni Dumitru Popovici (Voghera). Match a senso unico per il primo. Rassegna all’insegna della globalità e del ricambio, con la speranza che il futuro sappia ricreare quel tessuto pugilistico, in Lombardia attualmente latitante.


Articolo scritto da Giuliano Orlando